Vini Chiarli, da cinque generazioni l’obiettivo è l’eccellenza

991

 

La Chiarli 1860 è la più antica casa vinicola dell’Emilia Romagna. Fondata nel 1860, è ancora oggi condotta dalla famiglia Chiarli, giunta alla quinta generazione. Il Gruppo Chiarli, oltre alla cantina di Modena, possiede cinque aziende agricole all’interno delle quali sono coltivati 130 ettari di vigneti che producono esclusivamente uve DOC delle varietà Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro e Pignoletto Modena. “Tutte le uve vengono vinificate nella Cantina Cleto Chiarli di Castelvetro che la famiglia Chiarli ha realizzato nel 2000 nel nome di Cleto, il fondatore della casa vinicola” ci spiega il giovane Tommaso Chiarli, “all’interno della Cleto Chiarli tutte le fasi della produzione sono svolte con estremo rigore e con la massima attenzione al fine di produrre Lambrusco, Pignoletto e Spumanti tutti al massimo livello qualitativo  e, soprattutto, nel rispetto delle caratteristiche e peculiarità dei vitigni di appartenenza”.

La Cleto Chiarli, grazie all’impegno e all’esperienza della famiglia Chiarli e dei tecnici che da anni seguono la produzione, sta ottenendo da anni i massimi riconoscimenti su guide, in concorsi nazionali ed internazionali, rafforzando la presenza del proprio marchio nei canali Ho.re.ca sia in Italia che all’Estero. La produzione nella Cantina Storica Chiarli-1860 di Modena si attesta su 20 milioni di bottiglie, di cui oltre il 50% DOC. Nella Cantina Cleto Chiarli di Castelvetro la produzione è pari a 1,2 milioni di bottiglie 100% DOC.

“Alla Cleto Chiarli è stato recentemente installato un impianto fotovoltaico che produce la quasi totalità del fabbisogno energetico della cantina” aggiunge Tommaso, “le aziende Chiarli hanno partecipato a diversi bandi Regionali (OCM vino) che prevedono contributi a fondo perduto per una parte dell’investimento. Grazie soprattutto all’ottimo rapporto di vino DOC e IGT sul totale prodotto, le richieste sono state finanziate e le risorse finanziarie ottenute hanno consentito la realizzazione di importanti impianti ad alta tecnologia con anche notevoli riduzioni di consumi energetici”.

Come precisa Tommaso, “la realtà agricola è molto complessa e differente da regione a regione e tali complessità e differenze si ripetono anche per le zone viticole. In generale, però, assistiamo ad una scarsa valorizzazione delle produzioni agricole e ciò riguarda anche il settore vitivinicolo che, a parte qualche eccezione, non ha saputo dare il giusto valore alle Denominazioni di Origine Controllate (DOC). Queste spesso faticano a trovare un’identità precisa in quanto si confondono con vini IGT che portano il nome del medesimo vitigno ma che rappresentano un’altra realtà in termini quantitativi, qualitativi e soprattutto economici”.

Alla luce di ciò, pertanto, come suggerisce Tommaso “una maggiore chiarezza in sede di Denominazioni aiuterebbe a diminuire la confusione sul mercato e sicuramente consentirebbe l’inizio di una nuova strategia di valorizzazione dei vini DOC basata sulle regole che solitamente si applicano per la creazione dei marchi”.

di Antonio Longo