Spariti due milioni di animali dagli allevamenti

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Negli ultimi dieci anni sono scomparsi dalle campagne italiane quasi 2 milioni di animali tra pecore, mucche e maiali. Questo è quanto emerge dallo studio Coldiretti diffuso a Matera 2019 dove è stato organizzato il primo appuntamento nazionale dedicato al Natale a tavola, la tradizione più radicata nella cultura degli italiani, che fa partire il countdown del mese di chiusura da Capitale Europea della Cultura. Tra i sassi è stato realizzato un vero e proprio presepe con gli animali di razze antiche, dalla maestosa mucca podolica all’asino di Martina Franca, il gigante tra i quadrupedi dalle grandi orecchie, a simboleggiare il bue e l’asinello che riscaldarono Gesù bambino. Ma ci sono anche pecore e capre, come la pecora Gentile di Puglia e la capra lucana, che nella rappresentazione tradizionale erano al seguito dei pastori giunti in adorazione del Bambinello, assieme ad altri animali da cortile, come il suino nero lucano o la gallina Livornese. Un presepe simbolo nella capitale della cultura per ricordare che a rischio c’è la straordinaria biodiversità delle stalle italiane dove sono minacciate di estinzione ben 130 razze allevate tra le quali ben 38 di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli. Stalle, ricoveri e ovili si sono svuotati con la Fattoria Italia che nell’ultimo decennio ha perso solo tra gli animali più grandi, circa un milione di pecore e agnelli, oltre a quasi 800mila maiali e 200mila bovini e bufale. Un addio che ha riguardato soprattutto la montagna e le aree interne più difficili dove mancano condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori, spesso a causa dei bassi prezzi pagati per il latte e per la concorrenza sleale dei prodotti importati dall’estero. Con mucche e pecore sono scomparsi anche i pascoli e i prati e il risultato è che negli ultimi 25 anni è andato perso oltre ¼ della superficie agricola (-28%), secondo un’analisi Coldiretti su dati Ispra, e, con esso, la capacità di assorbire le emissioni inquinanti ma anche di assicurare il riempimento delle falde acquifere. Ma con la chiusura delle stalle cala anche la produzione di letame e liquami indispensabili per fertilizzare i terreni e aumentare la capacità di trattenere l’acqua da parte del terreno, alla base dell’agricoltura biologica con l’Italia che detiene la leadership europea in termini di numero di aziende.

Gli animali custoditi negli allevamenti italiani rappresentano dunque un tesoro unico al mondo che va tutelato e protetto anche perché a rischio c’è il presidio di un territorio dove la manutenzione è garantita proprio dall’attività di allevamento, con il lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali. L’allevamento italiano è poi un importante comparto economico che vale 17,3 miliardi di euro e rappresenta il 35 per cento dell’intera agricoltura nazionale, con un impatto rilevante anche dal punto di vista occupazionale dove sono circa 800mila le persone al lavoro. “Per questo quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni”, ricorda il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. In netta controtendenza rispetto all’andamento degli altri animali della tradizione del presepe ci sono invece gli asini, che nel giro di dieci anni sono praticamente quintuplicati (+377%). Il risultato è che in Italia si contano oggi ben 62mila quadrupedi dalle grandi orecchie, che dopo aver rischiato l’estinzione stanno vivendo un momento di riscossa. Le qualità nutrizionali del latte, la riscoperta delle proprietà cosmetiche e soprattutto il carattere mansueto, docile e amichevole sono alla base del prepotente ritorno del simpatico quadrupede nelle campagne, oggi tornato ad essere considerato prezioso anche con il suo reinserimento in programmi di interesse sociale ed economico, dall’onoterapia al turismo a dorso d’asino.