Girolomoni: la preghiera sul campo per una Buona Terra

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È il 1971 quando, in provincia di Pesaro Urbino nelle Marche, Gino Girolomoni – un giovane del posto, già a vent’anni eletto sindaco del paese – firma una scrittura privata con la baronessa Clementina Macci per ottenere in uso il Monastero di Montebello e quei terreni di Isola del Piano. “A suo rischio e pericolo”, scrisse la nobildonna. Lui, per sempre, sarebbe stato ricordato come il precursore del biologico in Italia.

Con 45mila lire – un investimento di 5mila lire a testa – lui e la moglie Tullia, insieme a cinque giovani e due anziani del paese, nel 1977 danno vita alla cooperativa Alce Nero (marchio poi ceduto nel 2004). Una stalla, un mulino a pietra, un paio di silos per lo stoccaggio e un magazzino di confezionamento prodotti: così ha inizio la produzione di cereali decorticati e legumi, che dal 2012 prende il nome di Cooperativa Girolomoni.

Una realtà che oggi conta 19 milioni di euro di fatturato, con oltre il 75% dei ricavi  in export (per marchi leader del biologico internazionale, come ad esempio la tedesca Rapunzel Naturkost). Un’ecosistema – “dal campo alla pasta” – che coinvolge 30 soci e 70 collaboratori, per una produzione annua di 10mila tonnellate di pasta, grazie a un moderno pastificio e a un innovativo mulino, inaugurato nel 2019. Ma soprattutto un lavoro sulla terra – con contratti di presemina e semi forniti – sostenuto tramite una filiera di 400 aziende agricole biologiche, riunite come socie e affiliate sotto la Cooperativa Montebello. Una coltivazione complessiva di 80 ettari di terreni, per gran parte nelle Marche e il 70% in zone svantaggiate.

Una filiera che ha assicurato nell’ultimo anno un raccolto di 18mila tonnellate di cereali. Grano duro e farro, insieme alla varietà Senatore Cappelli e un grano Khorasan a cui è stato dato nome Graziella Ra, alla memoria di una ragazzina orrendamente fucilata dai nazisti e in ricordo alle sue origini egizie (arrivò a Gino come dono da un archeologo). Una varietà quest’ultima, che dal primo chilo raccolto dieci anni fa, oggi rende 18 quintali per ettaro per oltre 200 ettari di estensione.

Sul campo, insieme, il recupero di varietà antiche e la selezione di nuove varietà. La continua e risoluta volontà di promuovere, non solo una coltivazione dei terreni assolutamente biologica, ma anche l’utilizzo di varietà biologiche in quei terreni. Ovvero la selezione di varietà di semi che meglio si adattino al metodo di coltura biologica (e a quelle pendenze, per esempio). Tutte ricerche, volte all’innovazione nel rispetto della natura, note con il nome di Bio Breeding.

Così mentre al Cermis di Tolentino sono concluse le prove di pastificazione del grano turanico, dal CREA si attende la registrazione di un nuovo seme alla Banca Dati Sementi Biologiche. Finalmente quest’anno, dopo le prime sperimentazioni cominciate nel 2016, la nuova varietà di grano Inizio verrà inserita in produzione. Dietro l’angolo, la medesima prospettiva per la varietà Prossimo, al momento ancora in stand-by.

Gino Girolomoni lascia questa terra il 16 marzo 2012 e trova sepoltura, assieme all’amata moglie Tullia che l’aveva preceduto, all’interno della Chiesa del Monastero di Montebello, che aveva ricostruito e portato a nuova vita nel corso di 40 lunghi anni di ristrutturazione. Sulla lapide, le parole dell’apostolo Giacomo: “Mostrami la tua fede senza le opere e io, con le mie opere, ti mostrerò la mia fede”. In queste terre così, ancora oggi, i suoi precetti sono fertile humus di un’agricoltura che coniuga tradizione e innovazione portando “dignità alla terra”. Come recita il motto aziendale, di cui sono fedeli custodi ora i suoi tre figli: Giovanni (nella foto, a destra), Samuele e Maria.

Sanzia Milesi