Segnali di ripresa per il mercato fondiario

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Leggera ripresa per il mercato fondiario italiano. Al cospetto delle continue svalutazioni che hanno caratterizzato l’andamento degli ultimi cinque anni, nel 2017 si è registrato un, seppur flebile, incremento dei prezzi. Ad evidenziare tali risultati, presentati nei giorni scorsi, è stata l’indagine condotta dalle postazioni regionali del Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia del Crea.

Il report indica che lo scorso anno il prezzo medio della terra è stato pari a poco più di 20.000 euro per ettaro. Da un lato, si tratta di un valore inferiore a quello che si registra nel nord Europa, dall’altra parte rappresenta un prezzo sensibilmente superiore a quello di altri paesi dell’area mediterranea. Al cospetto di tale scenario complessivo, necessita effettuare alcune precisazioni a livello di macroaree geografiche. E così, il rapporto evidenzia come il valore medio nazionale celi una netta differenziazione tra i prezzi delle compravendite nel nord Italia, stabilmente sopra i 40.000 euro/ha, nelle regioni del Nord Est e i prezzi che si registrano nel Mezzogiorno compresi in media tra 8-13.000 euro/ha.

Premessi tali valori, seguendo gli andamenti nel tempo, si registra una crescita leggermente superiore dei valori fondiari nelle regioni meridionali rispetto a quelle del Nord, ma si tratta di crescita ancora troppo debole per ridurre significativamente il differenziale esistente. Ma tali dati vanno rapportati al tasso di inflazione che, naturalmente, rende meno positivo l’andamento, considerato che l’incremento del costo della vita ha eroso il patrimonio fondiario. Infatti, al netto dell’inflazione si evidenzia un ulteriore calo dell’1% che va a sommarsi alla serie ormai ultradecennale di riduzioni del valore reale del bene fondiario, diminuito del 13% nel corso degli ultimi dieci anni.

Segnali positivi provengono anche sul fronte dell’attività di compravendita. Il report segnala che il numero di compravendite, desunto dalle statistiche ISTAT sull’attività notarile, è aumentato del 2%, consolidando la crescita che si era già riscontrata nei due anni precedenti. Il livello delle compravendite è ancora lontano dai valori che si registravano oltre dieci anni fa ma è importante che si sia invertita la tendenza e che riemerga un certo interesse da parte degli investitori.

Segnali incoraggianti giungono anche dal mondo del credito che evidenzia un segno positivo (+2%) per il quarto anno consecutivo e riporta il volume delle erogazioni sopra ai 500 milioni di euro all’anno, secondo i dati di Banca d’Italia. Un valore certamente ancora inferiore a quelli massimi datati 2003-2005 e che ammontavano a circa 6-800 milioni di euro. È, comunque, indicativo del rinnovato atteggiamento propositivo del sistema bancario verso l’accesso alla terra. In tale direzione, a sostegno dell’accesso alla terra, si collocano gli sforzi delle istituzioni pubbliche per aumentare la mobilità fondiaria attraverso una conferma delle agevolazioni per l’acquisto della terra da parte degli imprenditori agricoli e, soprattutto, un rafforzamento delle iniziative per rimettere in circolazione terreni a favore di imprese agricole desiderose di sviluppare le proprie attività, con particolare riguardo ai giovani. Dopo il decreto Terre vive del 2014, che ha messo a disposizione terreni demaniali, è stata avviata la Banca della terra nazionale curata dall’ISMEA che ha messo in vendita all’asta 7.700 ettari, in molti casi di aziende accorpate situate in zone fertili.

Detto del mercato delle compravendite di terreni, sul fronte degli affitti il rapporto del Crea, sulla scorta degli esiti dell’indagine ISTAT sulla struttura e sulle produzioni delle aziende agricole del 2016, si evince che la superficie in affitto, comprensiva degli usi gratuiti, ammonta a circa 5,7 milioni di ettari, incidendo su circa la metà della SAU totale (46%). Si confermano, quindi, le dinamiche attive da oltre due decenni, con un incremento netto di oltre 860.000 ettari (+18%) rispetto al 2010. Tale trend positivo si colloca, soprattutto, nelle regioni meridionali e in quelle del nord-est in cui si verificano gli incrementi più sostanziali (+21%), seguite da quelle centrali (+18%) e da quelle del nord-ovest (+9%), sebbene in queste ultime regioni il livello di superficie in affitto risulti già abbastanza elevato (63% della SAU totale). L’affitto rimane, comunque, più diffuso prevalentemente nell’Italia settentrionale, seguono le zone centrali (45%) e il Mezzogiorno (37-44%). Crea sottolinea che i principali elementi che continuano ad influenzare il mercato degli affitti sono la scarsa liquidità e le incertezze collegate all’instabilità dei redditi aziendali che disincentivano gli investimenti in capitale fondiario a favore della scelta di condurre i terreni in affitto. Sono in particolare i giovani imprenditori che, usufruendo anche dei premi di primo insediamento offerti dai Programmi di Sviluppo Rurale (PSR), optano per questa strada. I canoni, nel complesso, si mantengono stabili con incrementi segnalati per terreni con colture di pregio e vigneti. In particolare, in quest’ultimo caso, i referenti segnalano effetti diretti legati alla recente riforma del sistema di autorizzazione degli impianti che modifica i criteri di assegnazione e limita la trasferibilità dei diritti di impianto fuori regione.

di Antonio Longo