Ogm, dall’Europa maggiore libertà ai singoli Stati

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Ha del rivoluzionario, se pensiamo alle dinamiche che finora in sede europea hanno regolato la questione, l’accordo raggiunto ieri dai ministri dell’Ambiente degli Stati membri in merito agli OGM. Un tema scottante, che ha sempre causato uno stallo date le posizioni agli antipodi di due blocchi contrapposti, sostanzialmente superato ieri con una decisione storica: per la prima volta, ogni Paese avrà diritto ad dare il via libera o dire no alla coltivazione di sementi transgeniche (autorizzate o in via di autorizzazione). L’Italia, che si è sempre distinta per il suo “no”, potrà quindi avere l’ultima parola su questo tipo di coltivazioni e ha vissuto ieri un altro passaggio formale, questa volta tutto interno, con la decisione del Consiglio di Stato che ha rigettato al 15 gennaio la domanda di sospensiva sul divieto di coltura del mais 810 sul terreno tricolore.

Due scossoni non da poco, che inevitabilmente hanno innescato reazioni di segno diverso dal mondo della rappresentanza agricola, della politica e tra le associazioni ambientaliste. C’è euforia, scettiscismo, ma anche aspra critica. A seconda di come la si veda, infatti, le novità non hanno fatto altro che gettare nuova benzina sul fuoco per uno degli argomenti più caldi del settore.

I commenti. Se Coldiretti e Cia, infatti, plaudono alle novità giunte da Lussemburgo (per il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo “L’Italia è libera di non coltivare Ogm come ha fatto finora e come chiede quasi l’80% degli italiani che si oppongono al Biotech”), sono decisamente più pessimiste le tre associazioni di rappresentanza del mondo biologico (Aiab, Federbio e Associazione per l’agricoltura biodinamica): “Dietro alla maggiore flessibilità concessa agli Stati membri nel decidere se impedire o ammettere la coltivazione Ogm sul proprio territorio, si nasconde una vera e propria trappola. Mentre il Consiglio di Stato ci mette al sicuro dal rischio di semine per il 2014 lo scenario per arrivare a un divieto definitivo nel nostro Paese si sta complicando”. Secondo questa tesi, la facoltà dei singoli stati sarebbe di fatto ridimensionata, in quanto allo Stato, per esercitare il divieto, spetterebbe l’onere di dimostrare che esistono motivi di impedimento diversi da quelli ambientali e relativi alla salute, sui quali continuerà a esprimersi solo la Commissione europea. Di comprensibile critica la voce di alcune associazioni biotecnologiche che hanno subito accusato gli Stati di voler “rinazionalizzare” il quadro legislativo europeo. Critiche stoppate dal commissario Borg, secondo cui che la proposta di direttiva “ha una base giuridica solida“.

I numeri del biotech. Ma, normative a parte, quali sono i numeri del biotech nell’agricoltura mondiale? Nel 2013 sono stati 27 (erano 28 nel 2012) i Paesi in cui si è coltivato OGM, per un totale di 175 milioni di ettari concentrati soprattutto negli Stati Uniti (70,1 milioni di ettari), in Brasile (37  milioni), in Argentina (24,4 milioni) e Canada (11 milioni), con cifre in rialzo anche in Cina e in generale nei Paesi in via di Sviluppo. Questo è quanto emerge dalle interpretazioni di Coldiretti, basate sui dati dell’International Service for the Acquisition of Agri-Biotech Applications (ISAAA).  Tornando in contesti più vicini a noi, va sottolineato che in Europa sono cinque i Paesi con coltivazione libera  (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania). I numeri sono  decisamente fuori scala rispetto ai dati mondiali, dato che parliamo di “appena” 148mila ettari di mais transgenico (MON810) piantati nel 2013, la quasi totalità in Spagna.  “Per l’Italia – chiosa Coldiretti –  gli organismi geneticamente modificati  in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale e alimentare, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico del Made in Italy“.

Articolo di Emiliano Raccagni