Italia, riso e ricerca

2139

enterisi-5

L’Ente Nazionale Risi è un ente pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e svolge un’intensa attività che mira alla tutela di tutto il settore risicolo: promuove il riso “made in Italy” con campagne d’informazioni e concorsi, fornisce assistenza tecnica agli agricoltori e servizio di analisi.

Consapevole della necessità di una continua innovazione per il settore, esso attua anche attività di ricerca, tramite il suo Centro  Ricerche sul Riso che dal 1989 ha sede a Castello d’Agogna (PV), in una moderna struttura vicino alla Azienda Agricola Sperimentale di Villa dei Prati di 52 ettari.

La ricerca del Centro si articola in tre indirizzi principali:

  • un indirizzo di tipo genetico che si concentra su due filoni di ricerca: da una parte sulla selezioni di varietà più competitive dal punto di vista produttivo, quindi anche meno prone all’allettamento, più precoci e più produttive; dall’altro sulla selezione di varietà naturalmente resistenti ad alcune malattie, quali ad esempio il brusone, malattia fungina fino ad ora tenuta sotto controllo con principi attivi oggi messi in discussione dalla UE;
  • un indirizzo di tipo agronomico con perfezionamento delle pratiche colturali e sperimentazioni di pratiche sostenibili quali, ad esempio, un maggiore impiego di sostanza organica, di sovesci, di coltura di sommersione per migliorare la biofauna, di precision farming che permetta una mirata e ottimizzata fertilizzazione;
  • un indirizzo merceologico, con analisi per monitorare la qualità e tracciabilità del riso che giunge sui mercati.

Banca del Germoplasma

Presso il Centro Ricerche sul Riso di Castello d’Agogna è presente anche la Banca del Germoplasma, l’unica banca italiana di genotipi del riso. Qui è conservata una collezione di circa 1500 differenti accessioni. Essa non solo rappresenta un’importante collezione dal punto di vista genetico, bensì ha anche un valore storico in quanto rappresenta la testimonianza del progresso che negli anni è stato portato avanti nel settore risicolo. In essa è infatti conservato il germoplasma di tutte le varietà coltivate in Italia dalla metà del 1800 ad oggi; qui si trovano i genotipi da cui derivano le varietà odierne di riso italiano, famose in tutto il mondo. La banca non ha esclusivamente una funzione conservativa, cioè di salvaguardia del patrimonio genetico delle varietà di riso. L’avere a disposizione un materiale genetico, di cui si conosce perfettamente il germoplasma, permette infatti ai ricercatori del Centro Ricerche sul Riso di impostare al meglio i programmi di miglioramento genetico e di sviluppare nuovi cultivar di riso La Banca del Germoplasma, attualmente custodita in una cella frigorifera di conservazione del Centro Ricerche sul Riso, viene sottoposta a periodici controlli: quando una varietà rivela un abbassamento della germinabilità, viene riseminata e riposta nuovamente in conservazione. Le differenti combinazioni di geni, che determinano le diversità delle varietà conservate presso la Banca, sono state e sono tuttora la base del miglioramento genetico del riso curato dal Centro Ricerche sul Riso.

Riso e ambiente

Le coltivazioni di riso sono nel mirino delle misure per la riduzione delle emissioni di gas serra del settore agricolo. Effettivamente le risaie allagate sono responsabili di una certa percentuale di emissioni di metano. Da qui, la necessità di imporre un adattamento della coltura ai cambiamenti climatici, puntando a una mitigazione dell’impatto ambientale, pur senza ridurre la produzione. Nel complesso, la produzione di metano avviene nelle risaie durante la fase in cui sono allagate. Allo scopo di trovare pratiche colturali che limitino queste emissioni – eliminarle del tutto è impossibile – il Centro Ricerche sul Riso partecipa a un progetto internazionale, in cui si analizza come regolare il flusso dell’acqua per poter mitigare tali emissioni. La coltura riso viene inoltre spesso additata anche come coltura ad elevato consumo idrico. «Un mito da sfatare» afferma il Dr. Carrà, presidente dell’Ente Nazionale Risi a cui il Centro Ricerche sul Riso fa capo. «Poiché i terreni vocati a riso sono spesso argillosi e  impermeabili, il consumo di acqua si limita quasi esclusivamente a fenomeni di evapo-traspirazione. L’acqua di una risaia, inoltre, viene utilizzata per le risaie attigue più volte, prima di tornare al corpo idrico da cui è stata prelevata», a differenza di molte altre colture – il mais per esempio – dove il consumo è invece legato all’uso di ogni singola pianta e l’acqua di irrigazione viene in gran parte dispersa nel suolo.

Articolo di Maria Luisa Doldi