Il ritorno della Canapa?

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La canapa industriale è stata coltivata in Europa per molti secoli e ha ricoperto un importante ruolo economico per molti paesi quali Italia, UK, Olanda, Germania e Francia. L’introduzione di nuove colture da fibra e l’avvento dell’agricoltura industrializzata hanno però relegato la canapa a coltura di nicchia. Secondo i dati di EIHA, l’associazione europea per la canapa ( QUI ) in Europa  nel 2015 si coltivavano circa 25.000 ettari a canapa; in Italia, secondo i dati AGEA, nel 2015 ci sarebbero stati circa 1500 ettari a canapa. Ancora troppo pochi per destare l’interesse della meccanizzazione agricola e per poter creare filiere, ma in aumento se si dà retta alle statistiche della associazione europea. Questa, infatti, nel 2012 ha condotto il primo censimento europeo della coltivazione della canapa ( QUI ). Il risultato indicava che a tale coltura erano dedicati 15.000 ettari circa. Il censimento è stato aggiornato nel 2016 (con dati del 2015) e gli attuali 25.000 evidenziano un interessante aumento delle superfici dedicate alla canapa. Si crede che questo trend proseguirà anche  nel 2016.

Ma da dove viene questo rinnovato interesse? Per le sue caratteristiche agronomiche la canapa è una coltura adatta a quelle che sono le esigenze della moderna agricoltura europea: produrre molto con poche risorse. Si tratta, infatti, di una coltura annuale, non infestante, adatta al secondo raccolto che non richiede diserbanti, antiparassitari e, salvo in rare occasioni di particolare “stress”, non richiede irrigazione. Si può coltivare in diverse condizioni pedologiche, anche nel sud Italia e in montagna, può essere seminata sia in primavera ad inizio marzo che in epoca tardiva a maggio; in secondo raccolto addirittura a fine giugno. D’inverno, dopo la raccolta del seme (per le colture dedicate alla moltiplicazione o alla produzione di granella) gli stocchi possono essere lasciati in campo ed eliminati a febbraio prima delle semine primaverili, in modo  da mantenere una copertura del suolo e limitare fenomeni erosivi. La pianta produce inoltre molta biomassa con poche risorse. I suoi prodotti sono semi, paglie e canapulo.  I primi sono utilizzati a scopi alimentari, le seconde sono sempre più interessanti per l’edilizia e il canapulo può essere utilizzato anche a scopi energetici.

Non è però tutto oro quel che luccica. L’abbandono della coltivazione della canapa nel secolo scorso ha determinato anche un affievolirsi degli interessi dell’industria della meccanizzazione per la raccolta e la prima lavorazione. Ancor oggi la mancanza di macchinari adeguati costituisce uno dei colli di bottiglia per la diffusione di questa coltura, soprattutto in Italia.  Alla sua soluzione lavorano già da tempo sia Assocanapa, ( QUI ) la federazione nazionale per la canapa, sia alcuni progetti europei come MultiHemp ( QUI ) che vedono impegnati anche partner italiani. Negli ultimi anni (giugno 2013) è stato inaugurato in Puglia un impianto di prima trasformazione della canapa – South Hemp Tecno srl  – per dare modo a questa coltura di diventare una realtà possibile per l’economia agricola del sud Italia.  Infine, a febbraio 2016, è stata fondata Federcanapa, associazione nata con l’intento di dare voce e supporto tecnico-scientifico al fermento di iniziative in atto in tutte le Regioni italiane. Insomma, le acque si muovono e il mondo della canapa industriale promette “buone nuove” per il futuro prossimo.

Articolo di Maria Luisa Doldi