Le serre del futuro? Sulla Luna e su Marte

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La prima astronauta italiana è da poco tornata sulla terra dopo mesi di permanenza sulla Stazione spaziale internazionale. In questi giorni, poi, tutto il mondo sta ammirando le splendide immagini di Plutone scattate ai confini del sistema solare dalla sonda New Horizon. In questi giorni d’estate, sognare guardando il cielo può essere piacevole. Magari immaginando sconfinate serre di lattuga e pomodori coltivati sulla Luna e su Marte, per mettere a disposizione degli equipaggi spaziali alimenti freschi e, chissà, porre le basi per una più agevole colonizzazione dei mondi a noi più vicini. Concetti presi molto sul serio in questi giorni a Expo, dove si è tenuto il convegno “Agrispazio”, ospitato da Regione Lazio e organizzato dall’Università di Tor Vergata, per fare il punto sui numerosi esperimenti che si stanno compiendo nel mondo, molti dei quali di matrice italiana.

Biologi, agronomi, cosmologi, stanno mettendo in pratica uno sforzo senza precedenti per collaborare alla realizzazione di test per ottenere sistemi autosufficienti, per i quali il primo bando di prova potrebbe essere proprio un modulo speciale destinato alla Stazione spaziale internazionale. Il workshop è stato infatti essenzialmente dedicato ai temi della nutrizione degli astronauti e delle tecnologie necessarie a sostenere l’esplorazione umana dello spazio, con particolare attenzione alle missioni di lunga durata e alla colonizzazione della Luna e di Marte.

Per Salvatore Pignataro, dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), responsabile del coordinamento con la Nasa per l’utilizzazione nazionale della Stazione, “La nuova frontiera dell’esplorazione spaziale è andare oltre l’orbita bassa e a questo scopo è fondamentale riuscire a creare una biosfera artificiale, utilizzando tecnologie biogenerative basate su alghe, funghi e microrganismi in sistemi a ciclo chiuso”. Mettere a punto sistemi del genere è fra gli obiettivi del gruppo di lavoro Ibis (Italian Bioregenerative Systens), del quale fanno parte, accanto all’Asi, centri di ricerca e aziende.

I microrganismi capaci di sopravvivere ad ambienti estremi sono anche al centro delle ricerche condotte nell’università di Tor Vergata dal gruppo di Daniela Billi. Nel suo laboratorio astrobiologi e biologi molecolari stanno coltivando minuscole alghe (cianobatteri) su un tipo di suolo simile a quello marziano. ”Le prime prove dicono che è possibile’‘, ha detto Billi. Sono infatti batteri molto resistenti e, facendoli moltiplicare, si ottiene una biomassa che da un lato è in grado di modificare l’atmosfera, arricchendola di ossigeno, e dall’altro di agire come un fertilizzante. ”In futuro – ha rilevato – sistemi autosufficienti alimentati da questi batteri potrebbero essere autonomi, completamente svincolati dall’intervento dell’uomo”.

Intanto è partito il conto alla rovescia per le prime simulazioni di ”vita marziana”:  in agosto Cyprien Verseux, dottorando del gruppo di Daniela Billi, parteciperà alla spedizione Hi-Seas, alle isole Hawaii, mentre Giorgio Boscheri, della Thales Alienia Space, ha annunciato per il 217 la partenza del primo test di serre marziane in Antartide, chiamato Eden e in programma presso la base di ricerca tedesca.

Articolo di Emiliano Raccagni