A chi serve elettricità?

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Una delle classiche definizioni del trattore agricolo è riferita alla cosiddetta centrale mobile di potenza meccanica, idraulica e pneumatica, in grado di sviluppare forza di trazione, capacità di sollevamento, coppia alla pdp, flusso di olio idraulico e di aria in pressione… Negli ultimi anni ha assunto un’importanza nuova un’altra modalità di erogazione della potenza, ovvero quella elettrica, che si caratterizza per gli alti rendimenti e la facilità di trasporto e di controllo. In realtà, a bordo dei trattori la produzione di energia elettrica è da sempre presente, grazie all’alternatore che ricarica la batteria (necessaria per gli avviamenti del motore) e per altre funzioni complementari (alimentazione dei proiettori e degli altri dispositivi ad azionamento elettrico ed elettronico). In genere, si tratta però di assorbimenti molto modesti, nell’ordine di poche centinaia di watt, e sempre in corrente continua e a bassa tensione (12V). Di fatto, i margini ormai limitati di miglioramento delle attuali trasmissioni meccaniche e idrauliche inducono sempre di più i produttori di attrezzature ad adottare forme diverse di sfruttamento della potenza, tra cui sicuramente quella elettrica suscita notevole interesse. Ma come si genera sul trattore?

La storia dell’elettricità in agricoltura non è affatto recente: tralasciando gli esempi di trazione elettrica per l’aratura funicolare di fine ‘800, una delle prime soluzioni commerciali fu applicata al Farmall 400 della International Harvester, nell’ormai lontano 1954. Si trattava di un generatore trifase a corrente alternata, in grado di erogare ben 10 kW a 208 V. I depliant pubblicitari dell’epoca evidenziavano la facilità di connessione delle attrezzature, e quasi tutte le fotografie disponibili mostrano l’accoppiamento con un’imballatrice della McCormick.

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Successivamente, negli anni ‘90 del secolo scorso sono stati sviluppati alcuni prototipi per verificare la possibilità di sfruttare la potenza elettrica per ottenere un cambio a variazione continua, in sostituzione della parte idraulica, a tutto vantaggio del rendimento globale. SI può ricordare in proposito il Fendt MELA. Qualcosa di più commerciale è stato prodotto qualche anno dopo; nel 2007 ad Agritechnica la John Deere presenta il 7530 E Premium, equipaggiato con un generatore asincrono trifase collegato direttamente all’albero motore, ad offrire ben 20 kW. In realtà, la potenza è parzialmente impegnata per funzioni interne, come l’azionamento della ventola di raffreddamento del motore o del compressore dell’aria condizionata (sempre con rendimenti migliori e una flessibilità che la classica trasmissione meccanica non sarebbe in grado di garantire). Rimangono comunque a disposizione ben 5 kW su due prese esterne (220 V monofase e 380 V trifase), disponibili sul trattore a punto fisso.

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Due anni dopo, sempre ad Hannover, la Belarus presenta il prototipo del 3023: un trattore con un motore diesel da ben 220 kW in grado di azionare un generatore da 172 kW. In questo prototipo sia l’azionamento delle ruote motrici che della pdp frontale sono elettrici. Nel 2013 anche Fendt presenta il suo concept: si tratta di un 722 Vario, in grado di produrre fino a 130 kW elettrici in corrente continua a 700 V, con la notevole innovazione del controllo via IsoBus di questa potenza così elevata.

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E’ facile prevedere che l’elettrificazione dell’insieme trattore-operatrice rappresenterà uno dei punti focali per i prossimi sviluppi della meccanizzazione agricola. L’adozione della trasmissione elettrica (sia in termini di trasmissione del moto alle ruote motrici che alle attrezzature) riuscirà ad ottimizzare i consumi energetici. Ci sono però due incognite molto importanti. La prima riguarda la standardizzazione: sarà infatti necessario utilizzare tensioni uguali, la stessa tipologia di corrente (alternata o continua), attacchi uniformati, ecc. Viceversa, è a rischio la facilità d’uso. Ma da questo punto di vista è già all’opera l’AEF (Agricultural Electronic Foundation). Il secondo punto critico è relativo alla sicurezza, poiché si tratta di gestire correnti di elevata tensione e intensità, con tutto ciò che ne consegue in termini di protezione dell’operatore, ma anche del generatore e dei circuiti, in un ambiente difficile qual è tipicamente quello agricolo.

E tutta questa corrente? Accumuliamola, per il momento… Nella prossima “puntata” sarà proposta una panoramica sulle attrezzature in grado di sfruttarla!

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