Il dilemma del glifosato

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Il glifosato è un principio attivo utilizzato in erbicidi ad ampio spettro, probabilmente uno dei principi attivi più utilizzati al mondo nei prodotti fitosanitari. Esso è sul mercato dal 1974 e il suo impiego è in crescita.  Nel solo 2014 ne sono state utilizzate 825 milioni di tonnellate a livello mondiale, di cui il 90% in agricoltura. Altri usi sono principalmente legati al controllo delle infestanti nei giardini e nelle aree non coltivate. Il glifosato divide il mondo insostenitori ed oppositori, ad esempio:

  • la Glyphosate Task Force, un consorzio industriale, sottolinea che il glifosato consente i raccolti più elevati e minori requisiti di lavoro in agricoltura;
  • il Pesticide Action Network, una coalizione di ONG ambientali, mette in luce le preoccupazioni ambientali e per la salute associati all’uso della sostanza.

Effettivamente l’uso del glifosato è questione controversa. Il 29 luglio 2015 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), un ramo della Organizzazione Mondiale della Sanità, ha pubblicato uno studio in cui si indicava il glifosato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo (gruppo 2A)” sulla base di “prove limitate” per quanto riguarda l’insorgere del cancro negli esseri umani , “prove sufficienti” relativamente al cancro negli animali da esperimento e  “una forte evidenza” che il glifosato sia “in grado di operare attraverso due caratteristiche principali di agenti cancerogeni umani noti”. Al contrario, il 12 novembre 2015 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha pubblicato una valutazione del rischio che concludeva che “è improbabile che il glifosato rappresenti un pericolo cancerogeno per l’uomo” sulla base di un “grande numero di prove”, tra cui “studi chiave non considerati da IARC” che rimangono inediti (anche se l’industria ha recentemente offerto di fornire un po’ più di accesso seppur limitato). Chiaramente ne è nata una grossa polemica che coinvolge scienziati ed enti pubblici.

A dicembre 2015 sarebbe scaduta l’autorizzazione europea di utilizzo del glifosato, ma la Commissione l’ha prorogata di sei mesi, fino a giugno 2016, in modo da lasciare all’EFSA abbastanza tempo per prendere in considerazione il rapporto IARC nella sua valutazione del rischio. Questa è stata completata nel novembre 2015. Sulla base di valutazione del rischio dell’EFSA, la Commissione ha proposto in un progetto di regolamento di esecuzione di rinnovare l’autorizzazione del glifosato per il massimo di 15 anni, a ben vedere andando contro il principio di precauzione. Il voto della Commissione non ha ancora avuto luogo, ma il Parlamento europeo, nella sua risoluzione votata mercoledì 13 aprile, chiede alla Commissione UE di rinnovarne l’autorizzazione per soli 7 anni, invece di 15, e unicamente per usi professionali. I deputati chiedono inoltre:

  • una valutazione indipendente e la pubblicazione di tutte le prove scientifiche che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha utilizzato per valutare la sostanza;
  • una rivalutazione dell’approvazione in attesa della presentazione all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) di un fascicolo concernente la classificazione armonizzata del glifosato;
  • la presentazione di un nuovo progetto di decisione che tenga maggiormente conto dell’utilizzo sostenibile degli erbicidi contenenti glifosato e il lancio di una revisione indipendente della tossicità e della classificazione del glifosato, sulla base non solo dei dati relativi alla sua cancerogenicità, ma anche sulle possibili proprietà di interferenza endocrina.

Infine i deputati invitano la Commissione europea e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) a “divulgare immediatamente tutte le prove scientifiche che hanno costituito il fondamento della classificazione positiva del glifosato e della proposta di rinnovo dell’autorizzazione, alla luce dell’interesse pubblico prevalente alla divulgazione“.

Non si sono fatte attendere le reazioni. In un comunicato stampa divulgato da Slow Food, ad esempio, si legge: “L’UE dovrebbe prendere una decisione finale sul glifosato solo quando abbia assoluta chiarezza sui rischi sanitari e ambientali e quando possa essere escluso ogni potenziale effetto cancerogeno e influenze sul sistema ormonale. (…) Esortiamo i politici a tenere a mente che il sistema alimentare industriale con l’uso eccessivo di erbicidi e pesticidi porta a esternalità ambientali, sociali ed economiche negative e danneggia le risorse naturali come l’acqua e il suolo. Abbiamo bisogno di un cambiamento fondamentale nel sistema, lontano da correnti politiche dell’UE che promuovono un sistema alimentare non sostenibile e che vada verso una politica alimentare comune di supporto a modelli agricoli esemplari e sostenibili. Abbiamo bisogno di un’agricoltura che non comporti alcun costo nascosto per l’ambiente e la salute”.

Maggiori informazioni relative alla risoluzione parlamentare: QUI

Articolo di Maria Luisa Doldi