Ancora poche le polizze assicurative in agricoltura

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I cambiamenti climatici richiedono un ripensamento delle modalità con cui è stata nel tempo perseguita l’esigenza di stabilizzare i redditi degli operatori agricoli in caso di calamità naturali e di favorire il pronto ristabilimento dei livelli di produzione alimentare. In particolare, i cambiamenti meteoclimatici e il crescente verificarsi di eventi estremi rendono sempre più evidente l’utilità per le aziende agricole di operare per mitigare parte dei rischi e trasferire quelli residui ad operatori specializzati, quali fondi mutualistici e assicurazioni. Ma il numero di aziende assicurate risulta ancora molto contenuto e la distribuzione delle stesse presenta forti differenze in relazione a dimensione, area geografica, tipologia di rischio. Ad evidenziarlo è stato Stefano De Polis, segretario generale dell’IVASS – Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni, nel suo intervento su “Cambiamenti climatici e assicurazioni nel settore agricolo”, in occasione del convegno “Cambiamento climatico e assicurazione come strumento di sicurezza alimentare”, in cui ha sottolineato che negli ultimi venti anni in Italia si è passati da un sistema di intervento pubblico a fondo perduto ex-post ad un sistema misto con un progressivo incremento degli strumenti ex-ante, principalmente costituiti da polizze agricole agevolate.

A giudizio di IVASS, le imprese di assicurazione possono contribuire in modo determinante alla realizzazione delle strategie di adattamento di privati e imprese ai cambiamenti climatici. De Polis, evidenziando che l’agricoltura ha un ruolo importante nel contesto macroeconomico italiano, ha ricordato anche che il comparto primario si caratterizza per un’elevata incidenza di produzioni ad alto valore aggiunto, esportate in tutto il mondo, che rappresentano una componente distintiva del made in Italy. Inoltre, l’agricoltura svolge un importante ruolo nella preservazione degli ecosistemi, della sicurezza alimentare e nella conservazione del patrimonio sociale e culturale del paese.

Dati disomogenei e poche polizze

Al cospetto di tale contesto, per quanto concerne il mercato delle polizze agricole, IVASS rileva che la carenza di dati analitici e la disomogeneità delle fonti non rende agevole delineare un quadro accurato. Ma emerge comunque, in modo concorde, che il numero di aziende assicurate risulta ancora molto contenuto. In dettaglio, nel 2021 le imprese che hanno sottoscritto coperture assicurative agevolate per la protezione delle colture vegetali hanno versato 611 milioni di euro di premi (+86% rispetto al 2011) per un valore assicurato di 6.506 milioni di euro. Le superfici assicurate ammontavano a 1,23 milioni di ettari (10% del totale). Considerando anche le polizze zootecniche e i contratti assicurativi a protezione degli impianti e delle strutture, il numero di aziende aderenti al sistema assicurativo agevolato era pari a 74.200. Per tutti questi contratti è previsto un contributo pubblico fino al 70% del premio. In termini di valori assicurati (8,9 miliardi di euro) tali polizze coprono poco meno di un quarto del valore totale della produzione del settore primario, segno che sono per lo più le imprese più grandi ad assicurarsi.

Dai dati ISMEA emerge che le polizze riguardano prevalentemente colture e filiere caratterizzate da una forte propensione all’esportazione: sulla base dei valori assicurati, le coperture assicurative si concentrano sulle uve da vino (32%), seguite da mele (11%), riso (7,7%) e pomodoro da industria (7,3%).

L’ANIA da oltre 10 anni pubblica sotto la dizione “ramo grandine” le statistiche sui rischi agricoli, coperti con polizze agevolate e non agevolate, relativi a tutte le avversità catastrofali, di frequenza e accessorie. Le polizze non agevolate rappresentano una quota molto ridotta del totale (si stima il 10%) e sono sottoscritte per lo più da aziende agricole sotto la soglia di accesso alle agevolazioni.

Guardando ai valori assicurati, si conferma la rilevanza delle aree settentrionali, che esprimono una quota pari all’80% del totale nazionale. Nelle regioni meridionali, comprese le isole, i valori assicurati sono cresciuti raggiungendo una quota del 12% del mercato nazionale. Dinamica confermata anche dai premi raccolti aumentati del 40% nel triennio 2019-2021.

Il settore delle polizze agricole ha registrato negli anni un progressivo aumento dei costi di sottoscrizione, da ricondurre alla ridotta base assicurata, connotata da evidenti rischi di selezione avversa, e all’intensificarsi dei fenomeni climatici estremi, anche di carattere catastrofale.

Il ruolo delle polizze agevolate

La prospettiva di progressivo aumento dei premi assicurativi, conseguenza anche dell’intensificarsi di fenomeni climatici a carattere catastrofale, ha di recente portato a ridisegnare l’architettura degli interventi di gestione del rischio al fine di renderli più efficienti e inclusivi, economicamente sostenibili, funzionali ad agevolare la transizione ecologica e a contrastare l’impatto crescente dei cambiamenti climatici sulle produzioni agricole.

Come ricorda IVASS, di recente il Piano di Politica Agraria Comunitaria (PAC) 2023-27 ha destinato fondi per circa 3 miliardi di euro agli strumenti agevolati per la gestione del rischio e allargato a 700 mila il numero degli imprenditori agricoli coinvolti. Il decreto attuativo del Piano di Gestione Rischi in Agricoltura (PGRA), in corso di emanazione, prevede la partecipazione obbligatoria di tutte le aziende agricole che percepiscono aiuti pubblici ad un Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei rischi catastrofali (il c.d. Fondo AgriCAT). Il Fondo che è alimentato con un prelievo del 3% sui contributi ricevuti e a regime dovrebbe avere una dotazione annua di 350 milioni di euro, costituirà un primo livello di copertura contro i rischi meteoclimatici estremi causati da gelo e brina, alluvione e siccità.

Il Fondo AgriCAT svolgerà un ruolo complementare rispetto agli altri strumenti di risk management e, in particolare, rispetto alle polizze assicurative, che potranno continuare a operare sui rischi catastrofali limitatamente alla parte di rischio non coperta dal Fondo e dunque a fronte di un livello di esposizione più contenuto per le compagnie e quindi più sostenibile sul piano finanziario.

di Antonio Longo