Le novità tecnologiche nel settore del biogas

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“Nel settore che realizza impianti a biogas non c’è nulla di definito e di definitivo. Ma questo è il bello, perché ingegneri e meccanici sono stimolati a inventare sempre nuove tecnologie”. Claudio Fabbri, ricercatore del Crpa (Centro ricerche produzioni animali) di Reggio Emilia, è uno dei massimi esperti in materia e sarà tra i relatori al convegno “La manutenzione e l’ottimizzazione degli impianti a biogas” (in programma il 7 marzo prossimo, ore 10, nell’ambito della quarta edizione di Bioenergy Italy  a Cremona).

“Per aumentare la propria redditività – spiega Fabbri – l’agricoltore o l’allevatore che ha deciso di realizzare un impianto a biogas nella sua azienda deve andare alla ricerca della migliore innovazione tecnologica. E il mercato oggi offre interessanti opportunità. Ad esempio, sulle mietitrebbie può essere applicato un accessorio capace di rendere utilizzabile il tutolo del mais, cioè l’asse della pannocchia sul quale sono inseriti i granelli. In Piemonte, grazie a un accordo siglato con i cerealicoltori, questo accessorio è già stato montato su diverse mietitrebbie con ottimi risultati. Esistono poi ditte che stanno lavorando sull’evaporazione del digestato con sistemi a basso consumo energetico, altre impegnate nell’utilizzo degli ultrasuoni che rendono più digeribili i substrati della biomassa, altre ancora che realizzano moduli di carico per quei materiali semisolidi e semiliquidi che altrimenti non si riuscirebbero a caricare adeguatamente nel digestore.

Pensiamo solo, ad esempio, agli effluenti avicoli ma anche al letame dei bovini che non possono certo essere equiparati, rispetto alla sostanza secca, agli insilati o al sorgo. Come si vede ci troviamo  davanti  a un mondo, a livello tecnologico, in costante sviluppo che non guarda solo agli impianti di nuova realizzazione. Anche per quelli già in funzione le proposte non mancano, come ad esempio l’installazione di una seconda linea di carico che permette di avviare su due linee separate il mais o altre colture dedicate e gli effluenti o altri tipi di sottoprodotti”.

Secondo il ragionamento di Fabbri però, prima ancora di investire in macchinari innovativi occorre investire in formazione “perché solo attraverso di essa – riflette – ogni imprenditore agricolo potrà capire qual è l’impianto che risponde alle potenzialità della sua azienda. Passato il grande boom per gli impianti da 1 MW di potenza installata grazie agli incentivi che furono stabiliti in passato, oggi l’orientamento è decisamente indirizzato verso i piccoli impianti rispetto ai quali, però, credo andrebbero rimodulati meglio gli incentivi, soprattutto se si vuole spingere gli allevatori a investire. A questo proposito auspico una grande ricerca da parte dei costruttori per arrivare a realizzare impianti sempre più affidabili. E il mio invito è rivolto alle aziende italiane, che devono muoversi in fretta prima che, ancora una volta, i tedeschi conquistino prepotentemente il nostro mercato come è avvenuto in passato”.

A cura dell’Ufficio Stampa di CremonaFiere