Biologico, rese più alte del previsto

1487

IPESOL022GK31

L’agricoltura biologica è più produttiva di quanto si potrebbe pensare, anche se paragonata a quella convenzionale. Lo afferma uno studio dell’Università californiana di Berkeley, secondo il quale le rese di chi utilizza il metodo biologico sono in media inferiori “solamente” del 19,2% rispetto alle colture tradizionali. In sostanza, una differenza minore rispetto alle stime precedenti. Secondo i ricercatori statunitensi, che hanno messo a confronto 115 studi fino ad oggi effettuati in materia, questo divario potrebbe essere perfino inferiore, perché alla base di molta della documentazione visionata vi sarebbero presupposti scientifici “preconcettualmente” favorevoli all’agricoltura tradizionale.

Buone pratiche. La differenza si assottiglierebbe ancor di più, ad esempio, ricorrendo ad alcune buone pratiche: per gli studiosi la coltivazione multipla, ossia il ricorso al più colture all’interno dello stesso terreno e contemporaneamente, sarebbe in grado di ridurre il divario tra le rese del 9%, mentre la rotazione delle colture all’8%. Nel documento viene poi evidenziato che il gap tra biologico e tradizionale sia fortemente influenzato a seconda delle colture, fino a diventare pochissimo significativo nel caso dei legumi come fagioli, piselli e lenticchie.

Il nostro studio – commenta Lauren Ponisio, tra gli autori della ricerca pubblicata dal team di Berkeley- sottolinea che attraverso investimenti adeguati in tecnologia la differenza dei raccolti potrebbe essere ridotta o persino eliminata in alcune coltivazioni o in determinate regioni. Abbiamo provato a suggerire adeguati investimenti nella ricerca agroecologica per migliorare la gestione organica e per selezionare varietà, o cultivar, più adatte ai sistemi di agricoltura biologica, potrebbero ridurre il divario di rendimento  o addirittura eliminarlo per alcune colture o regioni”.

La ricerca contrasterebbe quindi con l’idea maggiormente diffusa, secondo la quale l’agricoltura biologica abbia il pregio di porsi come un’alternativa sostenibile per l’ambiente ma non possa essere in grado di contribuire in modo efficace alla sempre più alta richiesta di cibo per sfamare la popolazione mondiale. Secondo Claire Kremen, docente a Berkeley e coautrice della ricerca “Aumentare la proporzione di agricoltura che utilizza metodi sostenibili e biologici non è una scelta, ma una necessità. Non possiamo continuare a produrre cibo in futuro senza pensare di prenderci contemporaneamente cura del nostro suolo, dell’acqua e della biodiversità. Il fabbisogno alimentare mondiale dovrebbe aumentare considerevolmente nei prossimi cinquanta anni e sarà possibile guardare più vicino all’agricoltura biologica, perché la capacità dei fertilizzanti sintetici di aumentare la resa delle colture è in calo”.

Ok per i consumatori. I dati dello studio, del resto, sembrano sancire una “preferenza” che sempre più è confermata dai consumatori che acquistano bio, da anni in costante crescita. Se in Europa nell’ultimo decennio la richiesta di prodotti biologici è di fatto quadruplicata, in Italia la corsa al biologico ha raggiunto livelli da record: nei primi sei mesi del 2014 i consumi sono aumentati del 17%, nonostante la crisi economica e il prezzo mediamente più elevato rispetto ai prodotti tradizionali. “È importante ricordare che il nostro attuale sistema agricolo produce molto più cibo di quanto è necessario ad alimentare la popolazione mondiale -conclude Kremen – per eliminare la fame nel mondo è necessario aumentare l’accesso al cibo, non solo la produzione. Inoltre, aumentare la percentuale di agricoltura che usa metodi biologici e sostenibili di coltivazione non è una scelta, è una necessità. Semplicemente non potremo continuare a lungo a produrre cibo senza prenderci cura di suolo, acqua e biodiversità. ”

Articolo di Emiliano Raccagni