Un impianto a misura d’azienda

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Un anno è passato dal settembre 2011 al 6 settembre 2012 quando, superato l’iter autorizzativo e completata la costruzione, è stato avviato il biodigestore presso l’azienda agricola Biloni di Trigolo (Cr). L’azienda agricola Biloni è guidata dai due fratelli Enrico e Roberto. L’azienda, fondata da loro insieme al padre nel 1986, è vocata prevalentemente all’allevamento di vacche da latte (370 capi in stalla) e suini (500-550 circa scrofe da riproduzione) e conta anche 65 ettari a mais per l’alimentazione degli animali. “Fortunatamente, essendo l’installazione prima dell’entrata in vigore della nuova normativa – spiega Enrico Biloni – è stata sufficiente l’autorizzazione comunale, perché l’impianto è da 250 kW. Oggi, invece, è necessario iscrivere al registro tutti gli impianti al di sopra del 100 kW e questo complica le cose. L’idea di costruirlo è maturata per trasformare quello che prima era un costo, i reflui zootecnici, in una ricchezza”. L’impianto è alimentato per circa il 70% con i reflui dell’allevamento. “È fondamentale che l’impianto sia alimentato prevalentemente con materiale a costo zero anche in prospettiva futura. Noi godiamo di un incentivo di 0,28 euro/kW prodotto, ma tale cifra resta costante nel tempo, mentre è difficile ipotizzare che nella quindicina di anni per cui sarà erogata rimanga stabile anche il prezzo del mais o di altre biomasse energetiche, anzi! Per questo abbiamo realizzato un impianto perfettamente tarato sulle potenzialità della nostra azienda”. Ogni giorno l’impianto installato presso l’azienda agricola è alimentato con circa 30 metri cubi di  liquame bovino e suino, 2 tonnellate di letame bovino e altrettante di sottoprodotto ottenuto dalla lavorazione dell’orzo e dalla farina di mais. Tutte le matrici vengono caricate in una prevasca di miscelazione e da qui, con un sistema di carico automatico, l’impianto viene alimentato a cicli. L’impianto è mesofilo: la temperatura di esercizio è 38°C e le matrici, prima di essere alimentate, passano attraverso uno scambiatore di calore esterno, che le preriscalda per non creare – soprattutto in inverno – uno shock termico. La resa in biogas è di circa il 75-76%, anche grazie alla frazione recuperata nel digestore a freddo, secondario, in cui viene convogliata la biomassa, prima di essere mandata nelle vasche di stoccaggio.

Un digestore, tante fonti di redditività

“Siamo soddisfatti di questo investimento – sostiene Biloni – perché risulta redditizio sotto diversi punti di vista. Innanzitutto c’è la vendita dell’energia prodotta dal motore. Poi il recupero dell’acqua calda, che utilizziamo sia per riscaldare le nostre case, sia per l’allevamento, per esempio nella sala mungitura. L’uso di quest’acqua ci ha permesso di ridurre al minimo i consumi di GPL, un bel risparmio. Infine ci sono i vantaggi a livello agronomico: spandendo nei campi il liquame tal quale, le piante assorbono solo il 30% dell’azoto presente; se invece spandiamo il digestato – che in pratica è liquame che ha avuto modo di maturare, restando 50-60 giorni a 40°C –  l’assorbimento dell’azoto è totale”.

Nella costruzione del biodigestore, la scelta dei Biloni è ricaduta su Austep. “Tra i tanti progetti che abbiamo esaminato – spiega Enrico – tutti ci convincevano in qualche particolare. La proposta di Austep era però quella più convincente perché presentava qualche dettaglio in più rispetto alle altre”. Il primo è il cono all’interno del biodigestore, in corrispondenza del quale è collocata la pompa che estrae il digestato, inviandolo poi al digestore secondario. Questo particolare costruttivo evita che all’interno del digestore si formino sedimenti che, a lungo andare, consumerebbero il volume disponibile. Il secondo dettaglio è la soletta piana del digestore principale, realizzata in calcestruzzo, priva del telo gasometrico, che è invece posto sul digestore a freddo. In questo modo si ottengono tre risultati: il primo è che quando è necessario sostituire il telo (che per sua natura è soggetto ad usura) non è necessario interrompere l’attività del biodigestore; il secondo è che la soletta in calcestruzzo offre un isolamento termico elevato; infine permette di dotare il digestore di un miscelatore che mantiene movimentata la biomassa, in modo da evitare formazione di croste all’interno del digestore, aumentandone l’efficienza. Il terzo dettaglio è relativo al posizionamento di tutte le serpentine di riscaldamento all’esterno dell’impianto. In questo modo se è necessario intervenire su di esse, lo si fa senza dover svuotare il digestore stesso. Questo è fondamentale, perché una volta svuotato il digestore, prima che riparta il processo possono passare anche dei mesi, e ciò non accettabile visto che ogni kW elettrico in meno inficia il business plan dell’impianto. “La semplicità nella manutenzione è un altro dei motivi che ci fanno apprezzare questo impianto – conclude Enrico Biloni –. È talmente semplice che la possiamo eseguire anche noi, tenendo sotto controllo quotidianamente l’efficienza delle parti che costituiscono l’impianto. Penso che un impianto a biogas vada bene se è ben seguito… e noi lo facciamo”.

Enrico Biloni, titolare insieme al fratello Roberto, dell’azienda agricola Biloni.

 

Articolo di Elena Consonni