Ulivi in montagna, sempre più diffusi…

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Qualche goccio di olio buono, fatto in Valtellina. Non è un errore e nemmeno una forzatura, ma la semplice presa d’atto che i primi “pionieri” della più mediterranea delle coltivazioni stanno “osando” oltre il 46esimo parallelo, spostando, sia nella latitudine che nell’altezza, le frontiere dell’olivo. Questa scalata ha uno dei sui centri proprio sulle Alpi, in provincia di Sondrio dove, secondo i dati forniti dalla Coldiretti, negli ultimi dieci anni la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è diventata realtà, passando da zero a quasi trentamila metri quadrati di terreno.

La capacità dell’agricoltura è sempre stata quella di trovare l’innovazione nella tradizione, cercando di ottenere il meglio dai mutamenti economici e climatici. Gli uliveti di montagna rappresentano un aspetto di questa sfida. L’Expo servirà anche a raccontare la terra che cambia e come l’uomo cerca di adattarsi” spiegano Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti Lombardia e Alberto Marsetti, Presidente di Coldiretti Sondrio. “In collaborazione con il CNR di Cosenza stiamo cercando di capire quali siano le varietà più adatte alle nostre zone – spiega Ivano Fojanini, tecnico dell’omonima Fondazione valtellinese – con una sperimentazione in particolare su piante istriane e marchigiane. Il riscaldamento globale ma anche lo specifico microclima che c’è nelle nostre zone ci aiuta nella coltivazione, con una produzione di alta qualità a rese costanti“.

Il cambiamento climatico, in questa partita, gioca certamente il suo ruolo e non a caso l’anno appena trascorso è stato classificato come il più caldo dal 1880, cioè da quanto si è in possesso di statistiche continuative e affidabili sul rilevamento delle temperature, che nel  2014 sono state di 1,45 gradi più elevate della media. Ma non solo: la conferma della tendenza al surriscaldamento, anche in Italia, è certificata dal fatto che dei dieci anni più caldi dal 1880 a oggi, ben nove sono successivi al duemila.  Dopo il 2014, si susseguono infatti il 2003 (+1.37°C), 2007 (+1.33), 2012 (+1.31), 2001 (+1.29), poi il 1994 (+1.11), 2009 (+1.01), 2011 (+0.98), 2000 (+0.92), 2008 (+0.89). Il primo imprenditore agricolo valtellinese a tentare la fortuna con l’olivo è Carlo Baruffi, settantunenne che nel comune di Poggiridenti, 564 metri di altezza, ha iniziato dodici anni fa ad affiancare alle classiche viti anche i primi ulivi. “Quando ho iniziato, gli altri mi davano del pazzo, adesso mi chiedono consigli . Ho iniziato con una cinquantina di esemplari arrivati dal Garda mentre adesso ne ho 360 da tutta l’Italia, comprese le taggiasche della Liguria“.

La nuova frontiera alpina dell’olio è monitorata dai tecnici della Coldiretti, che sempre più spesso si sentono chiedere dagli agricoltori di inserire nel proprio fascicolo aziendale i terreni a uliveto. L’olivicoltura di montagna non è del resto una novità assoluta sulle nostre Alpi. Olive piemontesi e valdostane, dal 2008, vengono lavorate presso il frantoio di Vialfrè, in provincia di Torino, che ha colmato la “lacune” di queste due regioni, ultime a lanciarsi nell’avventura dopo che in Veneto si sta da tempo diffondendo anche al di la della vocata zona del Garda, o come in Friuli, con la zona triestina considerata tra le più promettenti. Per tornare in Lombardia, da qualche anno è attivo un frantoio anche a Bellano, sul ramo lecchese del Lario, nel quale possono conferire i produttori delle province di Como, Lecco e, appunto, Sondrio, con diverse aziende che si riconoscono nella DOP Laghi lombardi, con la sottodenominazione Lario.

 Articolo di Emiliano Raccagni