Reti di impresa: sì al “car sharing” dei trattori

2247

175005

Un vero e proprio “car sharing” tra imprenditori agricoli che, come i normali cittadini di una metropoli condividono l’automobile per razionalizzare costi e tempi di utilizzo, in campagna acquistano insieme un trattore o un macchinario agricolo, che di volta in volta utilizzano a seconda delle proprie esigenze. Questo scambio con reciproca soddisfazione si sta diffondendo con un successo crescente anche in Italia, trainato dalla febbre per i contratti di rete, strumenti introdotti quattro anni fa per unire le forze tra imprese. Un modello fino a pochi anni fa inedito, che, complice la crisi e la necessità sempre più impellente di razionalizzare costi e spese aziendali, permette di condividere non solo trattori, ma anche addetti e lavoratori, che possono essere assunti in modo congiunto.

Secondo le stime fornite in questi giorni da Unioncamere-Infocamere, ormai quasi diecimila imprese italiane hanno sottoscritto contratti di rete e, di queste, un buon 10% appartiene al settore primario: su poco meno di mille aziende, infatti, 600 riguardano l’agricoltura e 353 l’agroalimentare. Dopo una prima fase di rodaggio, che ha determinato una partenza a rilento dovuta soprattutto alla novità dell’iniziativa, le reti di impresa per la filiera agroalimentare si stanno diffondendo in modo deciso, pur con grandi differenziazioni geografiche lungo la Penisola. A guidare la classifica dei contratti di rete agricoli, la Lombardia, dove è stato finora stipulato il 16,4% del totale, seguita un po’ a sorpresa da Sardegna (15,7%), Toscana (9,1%) ed Emilia Romagna (6,5%) .

In ambito agricolo, i settori più gettonati ed utilizzati per fare gioco di squadra sono la zootecnia, la risicoltura e l’agriturismo, in cui si sfrutta al meglio la possibilità di abbattere le spese grazie alla costituzione di vere e proprie centrali d’acquisto che consentono risparmi fino al 20% sulle forniture. Riscuote successo anche la possibilità di effettuare assunzioni congiunte di personale. Condizione, quest’ultima, che si può verificare a patto che almeno la metà delle imprese che sottoscrivono il contratto di rete siano appartenenti proprio al settore primario. Un modo nuovo, anche questo, di pensare al rapporto di lavoro, favorito anche dal fatto che il contratto può essere disposto anche in modo telematico, con sottoscrizione digitale delle parti contraenti e assistenza guidata da parte delle associazioni di categoria.

I contratti di rete, che non pregiudicano l’indipendenza e le scelte imprenditoriali del singolo titolare d’azienda, possono essere sottoscritti con una certa facilità, non esistendo paletti né per il numero minimo di imprese, né tantomeno per la specializzazione e la collocazione territoriale. Libera è anche la durata del contratto, con l’unico obbligo, per tutti i “soci”, di essere iscritti al Registro delle Imprese. Insieme, quindi, si condividono progetti e  (si spera) successi. Ma, da oggi sempre di più, anche i trattori…

Articolo di Emiliano Raccagni