Quando viticoltura fa rima con qualità

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CHIARA UVA

Una realtà aziendale che non ha certo bisogno di troppe presentazioni. Un marchio di qualità che nei decenni ha conquistato una posizione di leadership nel panorama vitivinicolo italiano. “La cantina Lungarotti nasce ufficialmente nel 1962 quando mio padre Giorgio decise di trasformare la sua azienda agricola vocandola alla produzione vitivinicola, quindi, in realtà, la nostra azienda si inserisce in una storia agricola familiare già consolidata – esordisce Chiara, capitano d’azienda “in rosa” -; da allora il nostro impegno si è focalizzato a sviluppare e integrare tre settori chiave che ci identificano: vino, ma anche olio e condimento balsamico d’uva, cultura, con il Museo del Vino e il Museo dell’olio, ed ospitalità. Una visione lungimirante dei miei genitori, e che io continuo a perseguire, che ha permesso al brand Lungarotti di distinguersi e di fare da apripista all’enoturismo in Italia, un settore strategico che oggi vale 5 miliardi di euro. Torgiano rappresenta il nostro cuore vitivinicolo che idealmente si identifica nel nostro Rubesco Vigna Monticchio, il nostro rosso porta bandiera dell’Umbria nel mondo. Siamo presenti anche a Montefalco, la terra del Sagrantino, dove ha sede la nostra seconda cantina. Sono 250 gli ettari vitati complessivamente per una produzione di 2,4  milioni di bottiglie e un fatturato complessivo di circa 11 milioni di euro”.

Una realtà ben consolidata che affonda le proprie radici nella più fulgida tradizione agricola nostrana, senza per questo tralasciare le innovazioni. “L’anima green di Lungarotti è da sempre all’avanguardia sul fronte dell’ecosostenibilità, un percorso che interessa tutta la filiera dalla vigna fino alla cantina, – prosegue Chiara -. Siamo stati precursori e case history per molti progetti, anche ministeriali. Ora siamo concentrati sulla realizzazione finale del monitoraggio delle condizioni climatico ambientali per lo sviluppo di modelli di difesa di malattie fungine come fattore produttivo nelle uve di qualità. Si tratta di un progetto meteo, con installazione di centraline nei vigneti, per monitorare e prevedere eventi atmosferici che possono avere ripercussioni sia sul fronte produttivo che fitosanitario e chimico. E’ una sperimentazione molto importante che ha come capo fila il Parco Tecnologico Agroalimentare dell’Umbria e come “agenti pratici” le cantine Giorgio Lungarotti e l’azienda agraria del gruppo”. Tra passato e presente, l’azienda Lungarotti si erge ad esempio virtuoso da emulare. E su tutti, si distingue la figura di Chiara, donna che ha ben chiari gli obiettivi da raggiungere per migliorare giorno dopo giorno. “Fortunatamente sono cambiate molte cose e oggi sempre più donne sono presenti sia in campagna che nel mondo del vino, secondo gli ultimi dati sono 220mila le aziende agricole in Italia condotte da donne– riflette la Lungarotti -. Questo significa che un’azienda su tre è guidata da una donna. Una tendenza che si è fatta strada anche nel mondo del vino dove le donne ormai sono il 30% del totale. Si tratta di un’evoluzione sociale avvenuta quasi indipendentemente dalle regole legislative o dai provvedimenti delle cosiddette “quote rosa”. Più che lanciare un messaggio alle istituzioni, va dato merito alle donne di questi settori di essere state capaci di superare la politica e i suoi limiti. Ci vuole passione, determinazione, intraprendenza e anche voglia di rischiare. Qualità, queste, che la politica non può dare, ma che le donne hanno e i numeri lo dimostrano”.

CHIARA MEZZO BUSTO

Un pensiero non può non andare al contesto politico – istituzionale in cui operano le aziende agricole italiane: “Nel nostro Paese non c’è mai stata una vera politica agricola, lo dimostra anche il recente provvedimento sull’IMU, che è un vero suicidio per l’agricoltura, – sottolinea Chiara – per essere competitive le aziende hanno bisogno di programmare strategicamente a medio e lungo termine. Ma questo non si può fare. Per esempio, in Umbria ancora non conosciamo come saranno applicate le linee guida della Pac 2014-2020 e siamo già nel 2015”. Ma uno sguardo al futuro è d’obbligo: cosa ci si può attendere nel mondo agricolo italiano? “Bisogna essere ottimisti, guardare avanti sempre! Anche, se talvolta, guardandoci intorno e considerando il peso burocratico e fiscale a cui siamo sottoposti ci si scoraggia e ci si blocca, – risponde Chiara – c’è molto da fare in termini di ricerca, di prodotti e, soprattutto, di promozione. Siamo un Paese che vanta un primato in tema di denominazioni, abbiamo il più grande patrimonio storico-culturale. In Italia non manca nulla, dalle montagne al mare, laghi e stupende colline. Eppure facciamo ancora fatica ad esprimere settori strategici come agricoltura, vino, turismo, per citarne solo alcuni, che dovrebbero essere le prime voci del nostro Pil. Occorre, quindi, lavorare seriamente per promozionare tutto il nostro Made in Italy. Le aziende lo fanno già da tempo, da sole o associate e, anche in questo caso, il più delle volte superano le decisioni e le azioni provenienti dalla politica. Il 2015, poi, è un anno particolare vista la grande opportunità targata Expo”.

 Articolo di Antonio Longo