Quali prospettive per le Bioenergie?

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Figura 1

Nell’uso delle fonti rinnovabili (FER) l’Italia, nonostante tutto, ha percorso molta strada. Secondo i dati disponibili, nel 2013 il paese ha soddisfatto il 20% dei suoi consumi lordi con fonti rinnovabili. A secondo del settore finale d’uso, le fonti rinnovabili hanno un peso diverso. Ad esempio, se nei consumi elettrici il rinnovabile copre il 31% dei consumi finali, nel termico copre il 18% e nei trasporti il 5%. Con questi numeri risulta evidente che gli obiettivi del PAN – Piano d’Azione Nazionale– che miravano ad un consumo lordo al 2020 del 17% di energia da fonti rinnovabili, sono già ampliamente raggiunti.

Tra le fonti  rinnovabili la bioenergia presenta alcune caratteristiche che la distinguono dalle altre:

  • è rinnovabile, ma in alcuni casi bisogna dare alla materia prima il tempo di ricrescere;
  • copre tutte le esigenze di consumo, dall’elettrico, al termico, ai trasporti.
  • è strettamente legata al territorio, perché la materia prima da cui deriva è per lo più prodotta sul territorio in cui essa viene consumata (o così dovrebbe essere)

In considerazione di quest’ultimo punto, la bioenergia, in un piano di produzione sostenibile, può essere un ottimo strumento per concorrere al ripristino e recupero di terreni degradati, abbandonati, inquinati. Ma quando conviene la bioenergia? Secondo Vito Pignatelli, presidente ITABIA (Italian Biomass Association) , intervenuto al recente congresso “Bioenergia: quali prospettive per l’agricoltura e l’impresa italiana” tenutosi a Milano, “le bioenergie convengono molto più spesso di quanto non si creda, anche indipendentemente dagli incentivi”. Non a caso, infatti, in Italia la bioenergia di derivazione agricola era una realtà ancor prima dell’arrivo degli incentivi, laddove era accoppiata ad una produzione agricola o agroalimentare che producesse dei prodotti secondari, trasformando questi ultimi da costo da gestire a fonte energetica. In questi casi il consumo energetico era interno all’azienda. L’arrivo degli incentivi ha reso la produzione energetica interessante indipendentemente dal consumo proprio che è stato così esternalizzato. E oggi, dove il piano incentivi è nuovamente cambiato, assistiamo  ad un ritorno della condizione originaria: la produzione energetica è tanto più vantaggiosa quanto più si autoconsuma. Dal punto di vista legislativo, la potenzialità delle biomasse nel PAN è stata decisamente sottovalutata: pur godendo esse di un sistema di incentivi assolutamente non paragonabile a quello di altre fonti rinnovabili (ad esempio: fotovoltaico, eolico) le bioenergie si sono sviluppate notevolmente  e oggi contribuiscono alla produzione nazionale  coprendo il 16% della energia elettrica prodotta da FER e il 73% della energia termica prodotta da FER. Le future politiche di adeguamento delle forme di incentivazione e sostegno delle bioenergie dovranno tener  conto di questa nuova, variegata realtà, più complessa di quanto originariamente previsto. Dal punto di vista degli impianti sul territorio, le bioenergie devono per forza svilupparsi in un’ottica di valorizzazione: della materia di scarto o dei prodotti secondari, dell’efficienza energetica, delle materie prime e di chiusura dei cicli della materia, sfruttando le biomasse prodotte in azienda o nei loro dintorni. Il futuro di questo approccio è per lo più negli impianti di piccola taglia o “su misura” per le aziende agricole e agro-industriali. L’analisi dei flussi della materia diventa allora la discriminante alla base delle decisioni riguardo a tipologie, dimensioni e posizionamento degli impianti.

 Articolo di Maria Luisa Doldi