Olio italiano, segnali di ripresa

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Segnali di ripresa per la produzione di olive in Italia, dopo che la campagna dello scorso anno si è distinta come la peggiore di sempre. Questo è quanto emerge dall’indagine degli osservatori di mercato di Cia-Agricoltori italiani, Italia olivicola e Aifo (Associazione italiana frantoiani oleari), che stimano una produzione di poco superiore alle 330.000 tonnellate di olio a livello nazionale, un dato che quasi raddoppia (+89%) la produzione finale dello scorso anno, attestatasi intorno alle 175.000 tonnellate. Numeri che fanno riflettere su quanto il settore abbia sofferto, considerando che il potenziale produttivo italiano si attesta attorno alle 500.000 tonnellate. Primo fattore alleato della ripresa produttiva è stato quello climatico: un’estate calda caratterizzata da bassi tassi di umidità ha permesso di contenere gli attacchi della mosca olearia. Le olive, nel complesso, si prospettano di grande qualità, come confermano le prime stime che precedono l’avvio della raccolta per la metà del mese di ottobre, con le regioni del sud a vantare i più alti tassi di crescita.

La Puglia guiderà infatti la produzione nazionale di olio extravergine con il 60% del totale, grazie soprattutto al +175% di olive raccolte. Tutto ciò nonostante la questione Xylella costringa il Salento a pagare un pesantissimo dazio, con un ulteriore dimezzamento della produzione, che si attesterà sotto le tremila tonnellate, aumentando la crisi già segnalata dalla pessima annata 2018. L’incremento produttivo pugliese è quindi frutto dei territori olivicoli delle province di Bari, Barletta-Andria-Trani (Bat) e Foggia, zone – spiegano gli analisti – falcidiate dalla gelata nel febbraio 2018.

Sarà un anno di ripresa per gli agricoltori pugliesi vessati lo scorso anno dalle gelate e dalla Xylella. Se il problema stagionale è ormai passato, stessa cosa non si può dire per la peste dei nostri ulivi che continua ad avanzare e a distruggere tutto come testimonia la produzione prevista in Salento, che tende ormai ad azzerarsi“. Ad affermarlo è il presidente di Italia Olivicola Gennaro Sicolo che, nel commentare i dati, aggiunge inoltre che “abbiamo il dovere di proteggere lo scrigno della produzione olivicola italiana se vogliamo mantenere alta la bandiera della qualità in un settore nevralgico per il made in Italy e per tutto il comparto agroalimentare“.

Molto positiva anche l’annata per la Calabria (+116%) e Sicilia (+38%) che completano il podio produttivo nazionale. Ma è tutto il mezzogiorno a trainare la ripresa, con la Basilicata che arriva quasi a quadruplicare il dato 2018 (+340%). Bene anche Sardegna (+183%), Campania (+52%) e Molise (+40%).

Più in chiaroscuro le regioni centrali, con Abruzzo (+52%) e Marche (+63%) in ripresa, a cui si contrappongono i dati negativi di Lazio (-19%), Toscana (-20%), Umbria (-28%) ed Emilia Romagna (-50%). Questo quadrante geografico del paese paga in particolar modo lo scotto dovuto al ritardo della fioritura, causato dalle basse temperature di inizio primavera. Un fattore che porta tutte le regioni del nord a soffrire particolarmente, con un calo del 43% in Liguria e un picco massimo in Lombardia e Veneto (-65%).

La qualità del nostro olio sarà eccellente ma dovremo mantenere alta l’attenzione sugli attacchi della mosca con controlli capillari sui territori – ha sottolineato il presidente di Aifo, Piero Gonnelli -. Per la quantità invece registriamo una decisa ripresa rispetto al disastro dello scorso anno, ma siamo ancora lontanissimi dal soddisfare in toto il fabbisogno dei consumatori italiani e dovremo lavorare su questo nei prossimi mesi in sinergia con tutti i protagonisti della filiera”.

Un capitolo a parte è rappresentato dai prezzi. La ripresa italiana, si accompagna a una continua espansione dell’olivicoltura tunisina, che quest’anno si stima possa toccare un altro record, con oltre 350.000 tonnellate e inevitabili ricadute politiche sull’annosa questione dell’import e dei dazi. Gli esperti prevedono inoltre per i prossimi mesi un proliferare di offerte di prodotti a bassissimo prezzo (meno di tre euro a bottiglia): è il modo con cui i grandi colossi oleari cercheranno di smaltire oltre 600.000 mila tonnellate di olio spagnolo della scorsa campagna prima che arrivi sul mercato il nuovo prodotto nazionale.