L’integrazione possibile

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Il suo momento di auge il fotovoltaico su serra lo ha avuto quando con il IV Conto Energia all’energia elettrica prodotta su queste strutture erano riconosciuti interessanti regimi di incentivazione. Ben presto ci si è però resi conto  che le soluzioni nate – serre classiche a falda multipla con moduli fotovoltaici sul tetto – producevano sì energia, ma a scapito della produzione agricola che risentiva dell’ombreggio proiettato dai moduli soprastanti, spesso su una superficie maggiore del 50% dell’area dedicata alla coltivazione. Questo in ogni ora del giorno, limitando dunque o la crescita o il tipo di coltivazione possibile. “Non poteva non essere diversamente – dice Jacopo Rubbia, referente per l’azienda Gramma – Green Asset Management. “Quelle serre – a struttura classica su cui sono stati semplicemente montati dei moduli  – non erano pianificate per integrare  la produzione agricola ed energetica. Quelle soluzioni non hanno mai considerato – e non considerano tutt’oggi –  che le piante come i pannelli sono integratori solari e concorrono per la stessa fonte: la luce solare. È necessario dunque ripensare tutta la struttura serricola in modo da poter eliminare la competizione per la fonte luminosa”. Il risultato di questo ripensamento è una serra assolutamente nuova e di struttura inusuale, ovvero quella che l’Azienda Gramma – ideatrice del progetto – chiama Serra Fotovoltaica Effettiva. Già la struttura indica un concetto completamente nuovo. Si ricalca l’architettura della mezza falda multipla ma con proporzioni tra l’altezza di gronda e il lato sole studiate per poter catturare al meglio la luce diretta del sole. Il fotovoltaico è sistemato nella parte alta del tetto e in genere – a secondo del sito geografico e del tipo di coltivazione che si andrà a fare – non occupa più del 50% della superficie del tetto stesso. In questo modo l’ombra gettata dai moduli cade sempre esternamente alla serra stessa. Il risultato è una perfetta integrazione tra produzione agricola e produzione energetica, senza limiti imposti dall’una sull’altra. A ben guardare si tratta di una soluzione estremamente semplice. L’uovo di Colombo? “Apparentemente sì, ma questa serra è il risultato di molta ricerca. Fino ad oggi, però, nessuno ha veramente investito in ricerca allo scopo di creare una integrazione tra agricoltura e fotovoltaico su serra. Ci si è mossi nella scia delle strutture tradizionali, che non sono state messe in discussione. E questo – guardare alla serra in maniera diversa – è stato il primo passo per arrivare alla nuova soluzione” afferma Jacopo Rubbia.

I moduli sono montati sulla parte superiore del tetto.

Un concetto pionieristico, dunque, che però – come spesso succede alle innovazioni – fatica ancora a farsi strada tra gli addetti al lavoro: oggi in Italia di queste serre ne funziona una, in Puglia. Ve ne sono due in progettazione in Piemonte e alcuni cantieri aperti in Francia e Germania. “Sperimentiamo soprattutto perplessità di fronte ad una struttura completamente diversa da quelle che per secoli sono state le serre”. Alla fine però ciò che conta è la sensatezza economica del progetto. “Le nostre serre hanno costi paragonabili a serre analoghe tradizionali, il costo del fotovoltaico è uguale per tutti,  la vera differenza è nella resa. Con questa costruzione ottengo la stessa potenza fotovoltaica per m2 del modello a falda multipla; le rese agricole sono paragonabili a quelle di serre tradizionali non fotovoltaiche. Sebbene le nostre serre siano dunque in superficie solo la metà di una serra normale – con relativo dimezzamento dei costi di costruzione – permettono alla fine una resa identica, se non superiore“ afferma Jacopo Rubbia.

Le potenzialità di questa nuova tipologia di serra però non si esauriscono qui. Oltre alle sinergie di costo legate all’uso di una singola struttura per due attività economiche distinte (integrazione funzionale), la vicinanza a impianti o strutture che richiedono energia e producono cascami di calore – impianti biogas/biomassa, industrie energivore, etc. –  permetterebbe uno scambio energetico, creando così un ciclo virtuoso di integrazione ed efficienza energetica che permetterebbe nel contempo anche di abbassare i costi dell’attività agricola (riscaldamento). La possibilità di sfruttare così tante svariate sinergie crea la base di soluzioni agroenergetiche ad alto valore che ormai in molti contesti geografici, possono già funzionare in grid-parity, cioè senza la necessità di incentivi economici esterni. Con questa soluzione, però, non si va solo verso la grid parity, ma verso un concetto moderno di agricoltura che sfrutta al meglio tutte le sue potenzialità produttive.

 Articolo di Maria Luisa Doldi