L’idea del marchio unico per l’Italia

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pomodori

I numeri dell’export italiano di derivati del pomodoro continuano a rappresentare un volano per l’economia agricola nazionale, muovendo un giro d’affari di 1,4 miliardi di euro pari al 60% della produzione totale, destinata soprattutto a mercati europei (con Germania, Francia e Regno Unito in testa) e ad altri Paesi come Stati Uniti, Giappone e Australia.

Terzi al mondo, primi in Europa. L’Italia, terzo trasformatore di pomodoro al mondo dopo Stati Uniti e Cina, torna quindi a crescere nel corso del 2014 in termini di quantità  trasformate, dopo la parentesi negativa degli ultimi due anni, rappresentando il 12% della produzione mondiale (con circa 40 milioni di tonnellate) e il 54% del prodotto trasformato in Europa, con un fatturato totale di circa 3 miliardi di euro. Le cifre sono state illustrate nei giorni scorsi a Napoli, nel corso dell’assemblea di Anicav, associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali. Filo conduttore dell’appuntamento di quest’anno il tema “L’Export ci lega al mondo” per la grande e storica vocazione all’export che caratterizza il settore della trasformazione del pomodoro da industria, del quale sono circa due milioni le tonnellate destinate al consumo interno. Le esportazioni raggiungono il 72% nel solo distretto delle Conserve di Nocera (tra le province di Salerno e Napoli) che rappresenta il principale polo produttivo del pomodoro trasformato.  Il dato dell’export è ancora più rilevante se si tiene conto del fatto che la quota destinata all’export dell’intero comparto dell’industria agroalimentare italiana si attesta su un 20%, contro il 22% della Spagna, il 26% della Francia e il 33% della Germania.

Trentamila addetti. Nel 2014 le aziende italiane hanno trasformato 4,9 milioni di tonnellate di pomodoro, di cui poco più della metà  nel Distretto del Centro-Sud e il resto nel Distretto del Nord-Italia, a fronte di 67.177 ettari messi a coltura. Il settore impiega circa diecimila addetti fissi e più del doppio di lavoratori stagionali. Il settore, però, non si siede sugli allori e già nell’occasione dell’assemblea di Anicav si torna a ragionare sull’ipotesi di un marchio unico per il pomodoro italiano,  che riunisca il distretto del pomodoro da industria del Nord e il Polo distrettuale del pomodoro del Centro Sud. Secondo il presidente di Anicav, Antonio Ferraioli, “è necessario lavorare tutti insieme perché solo uno spirito unitario e obiettivi condivisi potranno rappresentare la strategia migliore per aumentare la competitività del settore”. Un intervento che trova concorde ance Pier Luigi Ferrari, in rappresentanza del settore industriale del Nord: “Vogliamo lavorare perché il sistema Italia possa fare gioco di squadra e per raccogliere le opportunità, come l’imminente avvio dell’Expo a Milano”.

Terra dei fuochi. Inevitabile, nel corso dei lavori, anche una riflessione sui pesanti contraccolpi dati al settore, in termini di immagine e sostanza, dalla vicenda della terra dei fuochi. ‘I consumatori possono stare assolutamente tranquilli  -replica Ferraioli – perché il pomodoro che viene della provincia di Caserta è addirittura più controllato, garantito e di qualità migliore rispetto ai prodotti che vengono da altre zone d’Italia. Ci siamo dotati di un disciplinare per tutte le organizzazioni dei produttori agricoli – ha affermato – e il pomodoro che viene dalla provincia di Caserta, così come dalle altre parti del territorio nazionale è sottoposto a rigorosi controlli”. Nel caso della provincia di Caserta abbiamo fatti controlli sia sui suoli sia sulle acque, sul pomodoro fresco, sul prodotto finito – ha aggiunto – e abbiamo potuto accertare la perfetta rispondenza a tutti i requisiti qualitativi di queste materie prime”.

Articolo di Emiliano Raccagni