L’agricoltura “vale” un milione di lavoratori

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Nel 2017 le 188mila aziende agricole italiane si sono avvalse di manodopera per una forza lavoro pari a 1 milione di operai e 110,7 milioni di giornate lavoro, a cui aggiungere il contributo di 37mila dipendenti impiegati, quadri e dirigenti. Ma, fattore più importante, dopo un lungo periodo a crescita zero, nel corso 2012-2017 il settore agricolo ha registrato un incremento del 4% degli operai e del 6% delle giornate lavorate. Inoltre, il processo di sostituzione della manodopera italiana con quella di provenienza straniera mostra quindi una battuta di arresto e torna a crescere nei campi la presenza di operai italiani.

Sono questi alcuni degli aspetti emersi dall’edizione 2019 dell’Osservatorio EBAN sul lavoro agricolo curato da Nomisma e presentato in questi giorni a Roma, che conferma come il settore primario continui a fare emergere un bacino occupazionale rilevante se paragonato a quello di altri settori economici. Nonostante l’incidenza del valore aggiunto agricolo sul totale economia sia del 2%, all’agricoltura fanno riferimento il 13% degli operai italiani e il 6% del totale delle giornate lavorate dalla manodopera in Italia. Gli operai, inoltre, rappresentano il 97% sul totale dei dipendenti in agricoltura, rispetto al 56% del totale rilevato nelle altre attività economiche, anche a quelle con elevata richiesta di manodopera come quello delle costruzioni (79%).

Ma non siamo di fronte alla sola specificità che emerge dal Rapporto, in quanto è impossibile analizzare il fenomeno lavoro in agricoltura senza sottolineare la sua forte caratterizzazione stagionale e, di conseguenza, l’oscillazione nella richiesta di manodopera: gli operai a tempo determinato rappresentano infatti il 90% del totale contro il 32% del totale delle attività economiche. Considerando le giornate lavorate un operaio a tempo indeterminato (OTI) è impiegato per 264 giornate all’anno, in linea con la media del totale economia pari a 269 giornate, mentre uno a tempo determinato (OTD) viene invece occupato per 87 giornate all’anno, dato ben al di sotto della media considerando i 135 giorni del totale di tutte attività economiche. Emerge inoltre con evidenza la tendenza all’indebolimento della componente a tempo indeterminato a favore di quella stagionale. Nel corso del 2012-2017 il numero di operai a tempo indeterminato è calato dell’8%, mentre quello degli operai a tempo determinato è cresciuto del 6%;

Analizzando più a fondo le dinamiche del settore agricolo emergono alcune specifiche tendenze; la crescita non è infatti la stessa sul territorio nazionale: mentre al Nord e al Centro gli operai impiegati in agricoltura fanno segnare nel periodo 2012-2017 incrementi rispettivamente del 13% e del 6% al Sud calano dell’1%. Le giornate lavorate crescono dell’11% al Centro-Nord, mentre al Sud appena del 2%. Secondo Ersilia Di Tullio, responsabile dell’Osservatorio per Nomisma, “Se questa tendenza si confermerà nel lungo periodo, non possiamo escludere che si possa ridisegnare l’attuale struttura dell’impiego di manodopera nel paese”. Il Sud oggi rappresenta il principale bacino di impiego della manodopera agricola con il 57% degli operai agricoli italiani, dei quali il 95% stagionali. Ma in questa parte del paese non si registra crescita; viceversa il Centro-Nord, che impiega il 72% della manodopera agricola a tempo indeterminato nazionale, è caratterizzato da un vivace dinamismo. Sono dati che impongono una riflessione”.

Altro fenomeno da sottolineare, quello della manodopera straniera. Nel 2017 il 26% degli operai agricoli è provenivano dall’estero; fra questi ultimi il 49% è risultato essere comunitario (75% rumeni) e il 51% extra-comunitario (42% africani). Negli ultimi anni la presenza di lavoratori stranieri nei campi italiani è cresciuta costantemente, portandosi dalle 203.000 unità del 2008 alle 290.000 del 2016 (+43%). Nel 2017 rispetto al 2016 però vi è stata un’inversione di tendenza con un calo del 5% del numero di lavoratori stranieri impiegati in agricoltura, i quali sono scesi a 275.000 unità.

Emiliano Raccagni