L’agricoltura sociale…in franchising

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Ha mosso i primi passi in questi mesi, con la speranza che il progetto possa dare…buoni frutti. I Buoni Frutti è proprio il nome del primo franchising pensato per dare voce, spazio e canali distributivi ai prodotti dell’agricoltura sociale. Presentata a Roma lo scorso luglio alla presenza del Mipaaf e delle maggiori organizzazioni di categoria, l’iniziativa è dovuta alla collaborazione del Dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Pisa e dell’Agenzia per la Campagna e l’Agricoltura responsabile ed etica (AiCARE). Alla base del progetto I Buoni Frutti l’idea normalmente utilizzata per i franchising commerciali, che in questo caso, però, ha lo scopo di offrire non solo prodotti, ma anche di trasferire storie e conoscenza al consumatore meno esperto. Un marchio etico, quindi, che vuole valorizzare i prodotti realizzati all’interno di percorsi di agricoltura sociale, promovendone allo stesso tempo le buone pratiche.

In Italia, l’agricoltura sociale è un mondo relativamente nuovo che coinvolge attori diversi – imprese agricole, cooperative sociali, associazione di volontariato, istituzioni pubbliche”, ha spiegato Francesco Di Iacovo dell’Ateneo pisano. “La legge sull’agricoltura sociale – ha aggiunto Di Iacovo – è appena diventata legge dello Stato. Il riferimento normativo faciliterà così il lavoro di quanti nell’agricoltura sociale già operano e, allo stesso tempo, assicurerà chiarezza normativa per quanti si avvicineranno per la prima volta al tema. La legge nazionale, però, richiederà specifiche applicative volte a facilitare la corretta diffusione dell’agricoltura sociale, una direzione nella quale agisce ‘I Buoni Frutti’” . “’I Buoni Frutti’ – sottolinea Francesca Durastanti, presidente di AICARE – vuole accelerare la diffusione delle buone pratiche di agricoltura sociale facilitando la diffusione regolata dell’innovazione e accompagnando processi di creazione di valore sociale ed economico utili per rispondere a parte dei bisogni oggi presenti nella società italiana”.

Fra gli esempi concreti di buone pratiche in agricoltura sociale, come sottolineano i promotori “I Buoni Frutti”, c’è l’esperienza della provincia di Torino. In tre anni, a seguito di un’azione coordinata da Coldiretti Torino e Università di Pisa, si è creata una rete di 35 imprese, 15 cooperative sociali, consorzi dei servizi e Comuni che è riuscita, senza peraltro usufruire di investimenti pubblici diretti, a includere al lavoro 38 persone a bassa contrattualità. Il progetto www.ortietici.it dell’Università di Pisa ha poi evidenziato che i prodotti di agricoltura sociale creano valore per la comunità (per ogni kg di prodotto un risparmio di spesa pubblica di 0,74 € rispetto al costo di servizi alternativi, e 7 minuti di lavoro inclusivo di persone a bassa contrattualità con un’efficacia superiore rispetto a pratiche ordinarie), per i consumatori (0,70€ di risparmio rispetto a prodotti di pari qualità sui mercati ordinari) e per privati (un margine di 0,30€/kg per il progetto al netto dei costi). Come avviene il rapporto tra il franchisor e i franchisees all’interno del progetto? Il primo mette a disposizione il marchio I Buoni Frutti, assicura lo start-up per le imprese o territori interessati ad aderire al franchising sociale, si occupa del monitoraggio e controllo, realizza le procedure gestionali e di promozione. I franchisees possono essere Imprese agricole, cooperative sociali, associazioni, fondazioni, consorzi, Comuni, aziende sanitarie, tavoli di partenariato, con percorsi di agricoltura sociale già operativi o da avviare. Con le prime esperienza già attive nel Paese e richieste di affiliazione da Torino a Roma, da Bologna a Terni, i buoni frutti cercano di mettere in fretta radici…

Articolo di Emiliano Raccagni