L’agricoltura italiana ed il fisco

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Agricoltura ed apparato burocratico – istituzionale: rapporto controverso e non sempre sereno. Se da un lato il “pubblico” prevede aiuti ed agevolazioni a favore del comparto primario, dall’altro lato non sempre gli addetti ai lavori sono soddisfatti delle attività espletate da istituzioni ed uffici. E così, leggendo con attenzione i contenuti dell’Annuario dell’agricoltura italiana pubblicato da Inea, è possibile effettuare alcune valutazioni e riflessioni, con particolare riferimento ai profili fiscali.

Gli aiuti all’agricoltura

Nel corso dell’anno 2013, il sostegno pubblico all’agricoltura è stato pari a circa 13,5 miliardi di euro (+3,8% rispetto al 2012), di cui oltre il 53% di origine comunitaria e circa il 24% proveniente dalle politiche nazionali e regionali. Il sistema delle agevolazioni in agricoltura si conferma come “strategico”, considerato che rappresenta poco meno del 23% degli interventi di politica nazionale nell’anno in oggetto.

La politica fiscale

Preso atto degli aiuti concessi al settore primario, risulta successivamente utile prendere in esame le informazioni relative al carico fiscale sopportato dagli agricoltori italiani. In particolare, il rapporto individua preliminarmente i provvedimenti di comparto adottati dalla politica per affrontare la difficile congiuntura economica, ossia: l’eliminazione dell’opzione catastale, ai fini della determinazione dell’imponibile delle imposte sul reddito, prevista a favore delle società agricole e la soppressione della possibilità, per le società di persone e a responsabilità limitata costituite da imprenditori agricoli esercitanti attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci, di determinare il reddito applicando all’ammontare dei ricavi un coefficiente di redditività del 25%. Ed ancora, l’esenzione dal pagamento dell’Imu sui terreni agricoli prevista a favore degli imprenditori agricoli e coltivatori diretti per il solo anno 2013 e la possibilità, da parte delle società agricole, di esercitare attività secondarie non agricole senza perdere la qualifica di società agricola.

Entrando più nel dettaglio, l’analisi dei dati evidenzia che la componente principale del carico fiscale è costituita, stabilmente, dai contributi sociali (64% in media su 5 anni), seguiti dalle imposte indirette (16%), dalle imposte dirette (13%) e dai contributi di bonifica (7%). I contributi sociali registrano una lieve riduzione nell’ultimo anno (-0,2%) da ricondurre al calo dell’occupazione nel settore, non compensato dall’incremento delle aliquote contributive. Analogamente, le imposte indirette si riducono nel 2013 (-34%), in seguito all’esenzione dal pagamento dell’Imu prevista a favore degli operatori del settore agricolo. Al contrario, le imposte dirette mostrano un incremento, nel 2013, rispetto all’anno precedente (+11%), dovuto all’aumento del prelievo Irpef. In soldoni, tra il 2012 e il 2013 la pressione fiscale ha subìto una riduzione del 2,2%. Inoltre, anche il rapporto tra le imposte, dirette e indirette, e il valore aggiunto del settore (leggasi “pressione tributaria”) ha registrato una variazione negativa pari all’1,5%.

Le agevolazioni fiscali

Quando si parla di agevolazioni fiscali ci si riferisce, principalmente, ad aliquote ridotte e regole particolari di determinazione della base imponibile applicabile agli operatori agricoli. Dall’analisi dei dati pubblicati in seno al rapporto, si evince che le agevolazioni fiscali hanno subìto un aumento (+3%), tra il 2012 e il 2013, dovuto alla variazione positiva delle agevolazioni tributarie in grado di compensare il calo registrato da quelle contributive. Le agevolazioni contributive continuano a rappresentare la componente principale dei benefici fiscali seguite dalle agevolazioni sui carburanti agricoli e da quelle relative all’Irpef. Le agevolazioni relative ai carburanti agricoli, invece, si sono ridotte nel 2013 per effetto del calo subìto dalle quantità di carburante agricolo agevolato. Per quanto riguarda l’Irap, alcune regioni hanno già provveduto a ridurre ulteriormente l’aliquota già agevolata per il settore agricolo. Per quanto riguarda l’Imu, invece, la legislazione statale ha previsto la soppressione di gran parte dei benefici stabiliti dalla precedente Ici. Tuttavia, l’assetto finale del tributo e le relative agevolazioni per l’agricoltura dipenderanno dalle scelte effettuate a livello locale nei prossimi anni.

Le differenze territoriali

Le regioni settentrionali sono quelle che contribuiscono in misura maggiore alle entrate pubbliche (44%), seguite da quelle meridionali (42%) e centrali (14%). In particolare, alcune regioni contribuiscono maggiormente al prelievo complessivo e tra queste la Puglia (11,5%), l’Emilia-Romagna (11,4%) e la Sicilia (10,3%). Scendendo più nel dettaglio, nelle regioni meridionali le entrate pubbliche sono maggiormente sbilanciate verso i contributi sociali rispetto a quelle settentrionali (73%, contro 58%), anche per effetto, nelle prime, di un maggiore impiego del fattore lavoro. Non bisogna, in ogni caso, dimenticare che le differenze nel prelievo pubblico a livello regionale trovano una spiegazione nell’efficienza delle amministrazioni pubbliche coinvolte nella riscossione dei tributi e nella propensione degli operatori economici locali ad evaderli.

Infine, le entrate pubbliche, a livello regionale, dipendono anche dai risultati economici conseguiti nei singoli territori che, a loro volta, influiscono sull’incidenza del prelievo pubblico sugli operatori economici. L’osservazione dei dati evidenzia, inoltre, che tra il 2008 e il 2012, le regioni settentrionali sono state quelle più colpite dai tributi locali: l’autonomia finanziaria locale è stata particolarmente elevata nelle regioni settentrionali, tra le altre Emilia-Romagna, Valle D’Aosta, Piemonte e Lombardia. Viceversa, è stata più contenuta nelle regioni meridionali.

Articolo di Antonio Longo