La zucca di Cenerentola

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Deb a un mercatino

Tempo di Halloween, tempo di zucche. Ci fa piacere presentare una bella realtà agricola, guidata da una giovane donna, finalizzata alla produzione di zucche, emblema della ricorrenza. Si chiama “La Zucca di Cenerentola” l’azienda agricola biologica di 1,5 ettari che nasce dalla passione per l’agricoltura sinergica di Deborah Armiento. “Coltivare secondo i principi dell’agricoltura sinergica significa coltivare ortaggi e frutta senza trattamenti chimici, seguendo i ritmi di Madre Natura, – esordisce Deborah – la sinergia tra le piante e i microorganismi naturalmente presenti nel terreno consente una produzione realmente bio sostenibile e con valore nutrizionale maggiore, inoltre incentiva ed aiuta la preziosa opera delle api”. Come ci spiega la giovane imprenditrice, “nell’agricoltura sinergica il terreno coltivato non viene lasciato nudo ma ricoperto di pacciamatura riutilizzabile o naturale, quale paglia, erbe spontanee non invasive, trinciato e carbone (biochar), e quindi non viene lasciato in balia di agenti atmosferici che porterebbero o a secchezza e indurimento del suolo, con conseguente necessità di arare il terreno, incentivandone l’erosione, o un’eccessiva umidità, che incentiverebbe il dilavamento delle sostanze nutritive con conseguente necessità di concimare; grazie alla pacciamatura il suolo diventa luogo ideale per la vita delle radici e dei microorganismi del sottosuolo, e per la loro sinergia in qualsiasi stagione”. Le zone coltivate vengono poi delimitate da sentieri di passaggio cosicché dove crescono gli ortaggi il terreno non venga mai calpestato e si mantenga soffice e ricco di vita.

“L’uso di concimi diventa superfluo grazie alle sinergie tra le piante coltivate e tra loro e l’ecosistema del sottosuolo, e le verdure vengono colte lasciando ove è possibile le radici nel suolo e anche le parti non godibili, in modo che diventino nutrimento per insetti e micro-organismi che ridaranno con i loro escrementi i nutrimenti sottratti alla terra; – aggiunge la Armiento – per incentivare la vita del sottosuolo vengono piantati anche ortaggi ed erbe aromatiche perenni che mantengono le simbiosi a livello radicale anche nel periodo invernale”. Tutti i prodotti vengono colti a maturazione e venduti freschi o trasformati a mano, come una volta, per conservarne integri il gusto e le proprietà presso il laboratorio aziendale, certificato biologico, che si trova nel centro di Ispra.

“Grazie all’amore per il cibo buono, sano e genuino per la trasformazione mi sono orientata a conserve dolci e salate bio tradizionali senza uso di additivi, quali pectine, e con solo ingredienti naturali, come succo di limone invece che acido citrico – precisa Deborah – . Produco anche conserve della tradizione come sciroppo di sambuco, pesto di ortiche, savor o conserve con fiori ,bacche ed erbe aromatiche come la confettura di lavanda, di petali di rosa, di tageti. Produco conserve senza zucchero o con dolcificanti alternativi (stevia, sciroppo di agave) e sciroppi con proprietà salutistiche come sciroppo di menta, di melissa, di tiglio, salse per formaggi come il caramello di verdure e varie chutney, mostarde a pezzi interi miste o di un solo frutto e preparazioni salate come i tanti pesti di erbe spontanee per condire la pasta o tante sfiziosità da servire come antipasti o contorni. Per la vendita dei prodotti si spazia dalla vendita diretta in campo, alla vendita presso lo spaccio aziendale, alla vendita presso negozi della zona, alla vendita in mercatini o alla vendita on-line sul nostro sito www.lazuccadicenerentola.it.

Deborah Armiento ha utilizzato fondi FEASR (Fondi per lo sviluppo rurale – PSR) 2007-2013 per Insediamento giovani agricoltori, misura 112 ed i contributi per sistemi di qualità bio (misura 132), inoltre contributi per riprestinare fasce tampone e siepi (misura 216). “Ho approfittato dei contributi alle PMI Agricole della Camera di Commercio Industria Agricoltura e Artigianato di Varese per Investimenti  in materia di Innovazione Tecnologica per autostampare le etichette del trasformato e avere uno strumento digitale per presentare l’azienda a possibili clienti e presto spero di approfittare nuovamente di altri contributi erogati dalla stessa connessi alla Produzione Agricola Primaria, in materia di Innovazione Tecnologica, per la Trasformazione e la Vendita Diretta e per la dotazione di Coperture Assicurative e Strumenti di Difesa in modo da migliorare le apparecchiature ed espandere la produttività aziendale – aggiunge Deborah -.Per il futuro mi piacerebbe poter avere a disposizione uno spazio per organizzare degustazioni o cene a tema per far degustare direttamente i miei prodotti combinati in cucina”.

Una donna dalle idee chiare e con tanti ambiziosi progetti nel cassetto. Ma come si trova in un mondo prettamente maschile, quale quello dell’agricoltura? “Sicuramente la prima difficoltà è la diffidenza dei colleghi agricoltori e della gente in generale in quanto l’agricoltura viene spesso stereotipata come materia prettamente maschile, e questo si riscontra anche nelle attrezzature disponibili, dai semplici guanti in pelle da lavoro ai decespugliatori. Poi ci si mettono anche le istituzioni con le regole miopi che non distinguono le ore lavorative annue (ULA) per maschi e femmine e che sono comunque molto lontane dalle vere ore necessarie in pratica per svolgere le varie attività agricole”. Specifiche richieste alle istituzioni? “Chiederei prima di tutto di particolareggiare i vari ambiti agricoli in base alla ubicazione aziendale, infatti oggi si distingue solo fra pianura e montagna, ma non si parla di colline e all’interno di questi ambiti non si considera se l’azienda ha un solo appezzamento, o più di uno, se questi sono pianeggianti o a a gradini, tutte cose che modificano e di molto il lavoro necessario, i macchinari che si possono utilizzare e la difficoltà a gestire un’azienda simile; spesso a noi donne vengono riservati i mappali più scomodi e marginali; cambia molto anche secondo il genere di pratiche agricole scelte (agricoltura convenzionale, biologica, biodinamica, permacultura, sinergica) perchè ognuna implica processi aziendali e lavorazioni molto differenti, in base al tipo di trasformazione adottata (con macchinari industriali o a mano), perchè spesso le donne agricoltrici scelgono colture di nicchia o particolari e hanno molta fantasia nella trasformazione”.

Riflessione finale: “Se l’agricoltura italiana vuole sopravvivere deve necessariamente mirare alla qualità e alla sostenibilità ambientale, in questo senso io sono già in linea, il mio tipo di agricoltura è la biosostenibile e i miei prodotti freschi e trasformati sono di alta qualità, sia organolettica che nutrizionale – conclude Deborah -. Sono ottimista di natura, ma noto con piacere il moltiplicarsi di persone attente alla propria salute e al proprio benessere e che quindi cercano di alimentarsi con un occhio di riguardo alla biodiversità, al bio e al buono in tutti i sensi. Negli ultimi anni si chiede all’agricoltore di essere tale, ma anche esperto di marketing, esperto web designer, commercialista, abile trasformatore, insomma dobbiamo saper fare tutto e in tempi brevi, con finanziamenti ridicoli e spesso orientati a valorizzare più le grandi aziende agricole che le piccole, più i passaggi aziendali che le vere aperture di nuove aziende; ci chiedono di compilare carte su carte per ogni cosa, ci si limita sempre più con normative su cosa e come possiamo fare, rispetto ad altri paesi europei noi agricoltori italiani e in particolare lombardi siamo penalizzati e tarpati in tutti i sensi.. In più come donne abbiamo a parte l’azienda anche una famiglia, la casa e i bimbi, davvero bisognerebbere semplificare la burocrazia e alleggerire le normative che regolamentano il settore”.

Articolo di Antonio Longo