La riduzione delle emissioni di gas serra

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«Non possiamo più essere sicuri di raccogliere quello che abbiamo seminato» Non c’è dubbio sul fatto che il cambiamento climatico influisca sulla sicurezza alimentare»: queste le parole del Direttore Generale della FAO José Graziano da Silva alla presentazione dell’ultimo rapporto sullo Stato dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, avvenuta recentemente a Roma (QUI). Il fatto che in molte regioni mondiali la produzione agricola sia già influenzata negativamente dagli effetti del cambiamento climatico è un dato che acquista sempre più certezza. La maggior frequenza e intensità di periodi di siccità o, al contrario, di pioggia, l’aumento delle temperature e la loro maggiore instabilità sono elementi che spesso portano a risultati nei raccolti diversi da quelli sperati o calcolati. Questa insicurezza nelle produzioni si trasforma anche in volatilità dei prezzi alimentari, una conseguenza che ricade su tutti, non solo su chi è colpito dalla siccità. L’agricoltura – e il settore alimentare in generale, la pesca e la silvicoltura –  hanno una responsabilità importante nella mitigazione dei cambiamenti climatici. Nel loro insieme, questi settori sono responsabili di circa un quinto delle emissioni globali di gas serra. Da più parti si afferma che senza un cambio di rotta nelle modalità di produzione si potrebbero mettere altri milioni di persone a rischio fame rispetto a un futuro senza cambiamento climatico. Il futuro della sicurezza alimentare in molti paesi è destinato a peggiorare se non si interviene oggi. Limitare la temperatura globale di un aumento inferiore a 1,5°C ridurrebbe enormemente il rischio e l’impatto del cambiamento climatico. Anche per l’agricoltura.

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Figura: Fonte FAO

Ma cosa significa concretamente intervenire oggi?

Come spiega in un’intervista Andrea Cattaneo, economista senior della FAO (QUI) commentando il nuovo rapporto, sono due i fronti su cui fare leva per fronteggiare il cambiamento climatico: aumentare la resilienza dei sistemi agricoli e aumentarne la sostenibilità. La prima permetterebbe di fare fronte al cambiamento, mantenendo la necessaria produzione alimentare; la seconda permetterebbe di mitigarlo, diminuendo le emissioni. Nel primo caso le proposte di azione variano dall’utilizzare colture tolleranti alle maggiori temperature o alla minore disponibilità di acqua; dalla non lavorazione del terreno alla gestione integrata della fertilità del suolo, che potrebbe aumentare i redditi di produttività, diminuendo nel contempo i costi per la gestione delle colture; dalla diversificazione dei redditi a quella delle colture che potrebbe ridurre l’impatto degli shock climatici. Nel secondo caso bisogna aggredire le maggiori fonti di emissioni di gas serra, come la conversione delle foreste al pascolo o terreni coltivati e il degrado del suolo, come la fermentazione enterica del bestiame e dalla produzione di riso in campi allagati, responsabili delle maggiori emissioni di metano e protossido di azoto, come l’applicazione di fertilizzanti azotati e abbondanza di fitofarmaci.

Diverse sono le pratiche disponibili per aumentare la sostenibilità agricola. Ad esempio:

  • l’agricoltura conservativa, l’uso di colture di copertura, le consociazioni agroforestali possono diminuire la degradazione del suolo e aumentare il sequestro di carbonio;
  • le pratiche di alternanza negli allagamenti delle colture del riso possono diminuire le emissioni di metano fino al 45%;
  • l’efficienza dell’uso dell’acqua nei sistemi irrigui, che può essere promossa attraverso la creazione di associazioni di utenti dell’acqua, e miglioramenti infrastrutturali (come canali di rivestimento, le reti di drenaggio più efficienti e riutilizzo delle acque reflue). Tecnologie di irrigazione quali gocciolatori e una migliore manutenzione delle infrastrutture di irrigazione, in combinazione con attività adeguate per costruire conoscenze tecniche degli agricoltori possono essere efficaci nel trattare gli impatti dei cambiamenti climatici sulla disponibilità di acqua e la sicurezza alimentare
  • la gestione ottimizzata nell’utilizzo di agrofarmaci e fertilizzanti che potrebbe diminuire l’utilizzo di energia – per lo più fossile – per la loro produzione.

La sfida finanziaria

Molte di queste pratiche sono già conosciute e utilizzate ma non riescono ad avere una maggiore diffusione sebbene portino dei vantaggi economici. Come mai? La ragione è che le aziende, soprattutto le piccole e medie, affrontano ostacoli istituzionali e finanziari che non aiutano l’innovazione: difficoltà di accesso al credito anche a lungo termine, di accesso al mercato, di accesso a consulenze e formazione sono solo alcuni degli ostacoli che si pongono sul cammino. A questo si aggiunge la necessità di un sostegno nella diversificazione della produzione e quindi del reddito. Ma – come anche sottolinea il rapporto FAO – le piccole e medie imprese sono fondamentali nella produzione alimentare e nello sviluppo agricolo.

Articolo di Maria Luisa Doldi