La fattoria? Al secondo piano di un palazzo

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Il settore dell’agricoltura verticale, che sfrutta la tecnica della coltivazione idroponica per risparmiare spazio ed energia e quindi cogliere nuove opportunità di crescita, soprattutto all’interno di spazi fortemente urbanizzati, è certamente tra i principali campi di interesse del mondo della ricerca. Nuovi e sempre più sofisticati esempi si moltiplicano in tutto il mondo. In questi giorni, fa parlare di se l’esperimento “estremo” tentato a Philadelphia dai soci di Metropolis farm, che nella grande città statunitense hanno inaugurato la prima vertical farm certificata come cruel free. Una vera e propria “fattoria vegana”, che abbina l’utilizzo delle più rodate tecnologie per la coltivazione al chiuso tramite coltura idroponica, con l’impegno di non utilizzare nessun tipo di prodotto di origine animale nella filiera produttiva. Vietato quindi l’uso di pesticidi, erbicidi o fertilizzanti e antiparassitari di sintesi o derivazione animale, ma anche spazio a soluzioni certamente originali, quale l’uso di piante carnivore come metodo di difesa diretta da parassiti e insetti dannosi. Le piante vengono irrigate con una soluzione nutritiva composta dall’acqua e dai composti necessari ad apportare tutti gli elementi indispensabili alla normale nutrizione minerale. In questo modo la coltura idroponica consente produzioni controllate sia dal punto di vista qualitativo sia igienico-sanitario durante tutto l’anno.

Lee Weingaard e Jack Griffin, agricoltore il primo, businessman il secondo, hanno ottenuto per la loro creatura la certificazione dall’American Vegetarian Association. Nella fattoria, ricavata al secondo piano all’interno di uno stabile precedentemente occupato da attività industriali, utilizzano un metodo da loro stessi brevettato, denominato Revolution Vertical Farming Technology per coltivare erbe aromatiche, pomodori e altri ortaggi. Con un progetto ambizioso, quello di creare una rete di fattorie verticali in altre città. “Molta della frutta e verdura normalmente consumata a Philadelphia –dice Griffin – proviene anche da migliaia di chilometri di distanza. La nostra filosofia è diametralmente opposta, perché vorremmo una fattoria in ogni quartiere”.

Con il loro metodo brevettato, producono in uno spazio ridotto oltre 120mila piantine l’anno, dichiarando di aver ridotto i consumi energetici di oltre l’80% e di utilizzare fino al 95% di acqua in meno rispetto  a una fattoria tradizionale. La tecnologia utilizzata, oltre a essere economicamente conveniente, è concentrata in uno spazio di poco più di 11 metri quadrati di superficie calpestabile. “La nostra tecnologia –dicono-  è stata progettata per funzionare sia in piccole fattorie urbane, destinate a servire i mercati locali e i ristoranti,  sia in ambienti più grandi che possono contenere anche 150 super torri. In ogni modo, ogni realtà urbana di medie dimensioni sarebbe già in grado di accogliere l’offerta di diverse piccole fattorie verticali, che chiamiamo Flash Farms”. Secondo il “metodo” da loro brevettato, ogni Flash farm sarebbe in grado di guadagnare dai 250mila ai 5 milioni di dollari l’anno, a seconda delle colture scelte e delle condizioni del mercato locale. Una flash farm può essere avviata in una settimana e consente il primo raccolto in circa due mesi, in quanto i prodotti crescono in oltre la metà del tempo rispetto a una normale fattoria biologica in campo, perché, come amano dire questi contadini in verticale, “le nostre piante crescono più velocemente , perché la nostra tecnologia assicura che ogni giorno è il giorno perfetto per crescere”.

Oltre alla curiosità dei clienti privati, i primi successi arrivano grazie agli ordini dei ristoratori, attirati dalla possibilità di forniture ad hoc per le  loro specifiche esigenze di erbe aromatiche e verdure fresche, che Metropolis Farm può far avere in modo costante, indipendentemente dalla stagione . Ciascuna delle super torri può anche essere dedicata alla produzione esclusiva e su misura per le esigenze del singolo ristorante, che può inserire in menù prodotti davvero a chilometro zero.