Il ruolo multidimensionale delle donne in agricoltura

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Young woman planting out blue lobelias in a garden

L’agricoltura in rosa occupa sempre più spazi. Soprattutto sotto il profilo qualitativo. Numerose le donne che si cimentano, e con soddisfacenti risultati, nel comparto primario. Le analisi e le statistiche che periodicamente vengono sfornate confermano un trend di sicuro interesse. Ed e’ proprio in tale ambito che si colloca lo studio “La complessità della dimensione femminile in agricoltura”, stimolante e ragionata analisi condotta dal Crea – Consiglio per la ricerca in agricoltura e per l’analisi dell’economia agraria la cui lettura aiuta a comprendere quale sia stato sino ad oggi il ruolo delle donne nei campi e i possibili scenari futuri che si delineano all’orizzonte.

La presenza femminile nel settore agricolo ha vissuto una stagione importante a partire dal secondo dopoguerra quando, seppur diminuendo in termini prettamente numerici,  e’ mutato il ruolo ricoperto: da mansioni prevalentemente non specializzate, le donne hanno progressivamente assunto posizioni di primo piano, imponendosi anche come imprenditrici. Cio’ premesso, lo studio del Crea individua i “numeri” dell’universo agricoltura in rosa, tenendo conto delle diverse variabili in gioco. In termini di forza-lavoro, nel 2014 erano 225.000 le donne che lavoravano nelle aziende agricole, in base ai dati Istat, ossia una quota quasi pari al 28% del totale degli addetti.  Con una diminuzione del 7% rispetto al 2012, ma solo lo 0,4% in meno rispetto al 2013. Numeri alla mano, si evince una sorta di arresto del trend negativo che ha caratterizzato la presenza femminile in agricoltura nell’ultimo ventennio. Per quanto concerne i ruoli, l’analisi rivela l’esistenza di un forte squilibrio tra uomini e donne, infatti ben il 70% dei ruoli dirigenziali sono maschili. Il maggior numero di donne, invece, lavora come “operaio e assimilati”, nel 98% dei casi con contratti di tipo stagionale, in genere finalizzati alla raccolta e lavorazione dei prodotti.

Lo studio del Crea, inoltre, individua le caratteristiche socio-culturali delle conduttrici agricole che nel 42% dei casi hanno un’età compresa fra i 40 e i 60 anni (soltanto il 9% ha meno di 40 anni), possiedono per  il  6%  un  diploma  di  laurea  (di  cui,  però,  soltanto  lo  0,4%  nel  settore  agrario), nel 9% dei casi permane ancora in una situazione di analfabetismo. In base ai dati del Censimento per l’Agricoltura del 2010,  le aziende agricole al femminile sono circa 500.000, cioè il 31% del totale delle aziende censite. E ancora, la dimensione media delle imprese agricole al femminile è inferiore rispetto alla media nazionale, già piuttosto contenuta: circa il 78% di queste, infatti, è al di sotto dei 5 ettari (contro i circa 8 ettari della media nazionale), mentre solo il 20% sono al di sopra dei 100 ettari.

A prescindere dai “freddi” dati numerici, lo studio condotto dal Crea esalta il nuovo ruolo delle donne al cospetto delle nuove forme di economia diversificata con le quali il carattere innovativo e dinamico delle rappresentanti del gentil sesso riesce a sposarsi alla perfezione. E così, attività quali l’agriturismo,  l’agricoltura sociale, le attività didattiche, la produzione di energia richiedono un’organizzazione dell’azienda e del lavoro più flessibile rispetto al tradizionale settore agricolo, tutti spazi in cui le donne,  per naturale propensione e per caratteristiche socio-culturali, hanno una maggiore capacità di adattamento. In tal senso, i dati statistici, dai quali non si può certo prescindere, confermano che nel 2014 le imprese agrituristiche condotte  da donne  erano in crescita del 5,1% rispetto al 2013,  arrivando a 7.817 unità.  Sui saperi delle donne si basa non solo l’ospitalità in azienda ma  anche  l’attenzione  al  biologico  e  al  sociale,  con annessi  servizi  di cura quali la pet therapy, la vendita diretta al consumatore, gli agrinido.

Anche le politiche pubbliche per lo sviluppo rurale non possono che sostenere l’imprenditoria femminile in attività extra-agricole. Sono infatti noti i meccanismi premiali per le donne che richiedono finanziamenti in quest’ambito attraverso punteggi supplementari o criteri di accesso. Le misure di supporto prevedono non solo il finanziamento di agriturismi  ma anche di attività di agricoltura sociale,  servizi terapeutico-riabilitativi,  servizi educativi. Il binomio donna-multifunzionalità trova, quindi, piena soddisfazione, non solo a livello imprenditoriale ma anche occupazionale. Se fino ad oggi, pertanto, sono stati tanti i traguardi raggiunti dalle donne nel comparto agricoli, ancora molti devono essere gli obiettivi da raggiungere per liberare al 100% le potenzialità dell’altra metà del cielo.

di Antonio Longo