Il Cilento nel cuore

1735

Nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, dove è ancora possibile vivere in stretta simbiosi con la natura, sorge l’azienda agricola Corbella. Da circa un trentennio, l’azienda guidata dalla brillante Giovanna Voria si estende per trenta ettari in cui sono coltivati uliveti, vigneti, frutteti, castagni, legumi, ortive, erbe spontanee, aromi mediterranei nonché il famoso e pregiato cece di Cicerale, presidio Slow Food, che nel 2000 Giovanna ha recuperato.

“Ci troviamo immersi nella selvaggia macchia mediterranea, – esordisce l’imprenditrice agricola – e 19 anni fa si è deciso di dar vita anche all’attività agrituristica. Inoltre, oltre alle coltivazioni, alleviamo mucche allo stato libero e qualche cavallo. Adoro trasformare i prodotti della mia terra in confetture, marmellate, paste speciali, olio, vino e legumi secchi. Mi ritengo una “chef contadina” ma soprattutto ambasciatrice della Dieta Mediterranea nel mondo”.

Pur adottando tutte le tutele per la salvaguardia dell’ambiente, in azienda non si fa ancora uso di fonti di energia alternative. Giovanna ha tanti progetti in cantiere. “Vorrei completare certi lavori di sistemazione e dar vita a piantagioni di ulivi, melograni, fico bianco del Cilento, noci, mandorli e frutti antichi, – prosegue la Voria – ma l’obiettivo più importante che ho in mente è quello di completare i lavori per realizzare dei locali per l’ospitalità rurale: penso che sia l’unica forma di turismo che funziona 12 mesi all’anno. In particolare, vorrei realizzare un museo narrante che sia davvero in grado di raccontare la storia della mia terra, non un museo “morto” in cui possano trovare posto solo oggetti esposti ma in cui sia possibile fare rivivere ai visitatori le attività dei lavori nei campi del tempo che fu”.

Donna determinata Giovanna, dalle idee chiare e per nulla arrendevole. “La politica deve comprendere sino in fondo che la vera economia è quella agricola, settore in cui migliaia di aziende, spesso a carattere familiare, si mantengono e producono, creando reddito, – osserva – se si fermano i contadini si ferma il mondo. Quindi, mi sento di chiedere alle istituzioni più aiuti, in primis riducendo la burocrazia, infatti siamo spesso sommersi da carte o dobbiamo affrontare lunghe code agli sportelli degli uffici”.

Non mancano, naturalmente, i momenti di sconforto, i timori, i dubbi, soprattutto al tempo del Coronavirus. “Prima un inverno in cui non sono, purtroppo, mancati i danni da eventi atmosferici che hanno riguardato sia i prodotti che le strutture,  quando si poteva iniziare a respirare un po’ è arrivata la pandemia con tutto ciò che ne consegue, – conclude Giovanna – troppe tasse uccidono l’economia, ancora di più quella agricola. La speranza, però, è sempre l’ultima a morire, bisogna quindi cercare di essere ottimisti. Penso che chi resta nella propria terra andrebbe premiato, le istituzioni dovrebbero incoraggiare, con investimenti e progetti particolari, i nostri giovani, emigrati all’estero e sparsi per l’Italia, a ritornare alla terra, per recuperare le aziende di famiglia, quelle che raccontano un territorio, la storia, la cultura, le tradizioni, le eccellenze, la biodiversità, i mestieri di una volta”.

di Antonio Longo