Grana Padano pronto a un 2016 da record

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formaggio Parmigiano, dettaglio spicchio fondo scuro KRAFIN009CK01

Un anno da record per il Grana Padano. Il formaggio Dop più venduto al mondo, reduce da un 2015 di grande successo, si appresta a superare nel 2016 il traguardo di oltre 4,8 milioni di forme prodotte. Lo ha sancito l’Assemblea del Consorzio, che nei giorni scorsi a Brescia ha approvato con il 98,32% dei consensi il Piano produttivo 2016-2018, che dà il via libera alla massima produzione storica. “Questo risultato – commenta il presidente Cesare Baldrighi- conferma ancora una volta la grande sintonia strategica tra la base e i vertici del Consorzio, come già era stato in ottobre, quando l’assemblea ha approvato lo studio del nuovo Piano che ha quindi trovato la piena approvazione ufficiale“. Nell’anno che sta per concludersi, la produzione è già stimata sulla soglia dei 4,8 milioni di forme e, soprattutto, spicca l’aumento delle esportazioni che ha raggiunto il 9% sul 2014. I dati previsti dal Piano produttivo per il prossimo triennio sono ancora più significativi perché si misureranno con le prime campagne successive al termine del regime delle quote latte che, secondo le stime del Consorzio, consentiranno un maggior afflusso di materia prima ai caseifici del Grana Padano a partire dal prossimo anno. Del resto, dal 2006, cioè dall’entrata in vigore della programmazione da parte del Consorzio, la produzione è cresciuta dal 16,9%, cioè di quasi due punti percentuali all’anno. “Certamente -prosegue Baldrighi- l’effetto traino di Expo 2015 ha contribuito ad aumentare la nostra visibilità e quindi a rendere più forte la nostra presenza a livello internazionale. Ora continueremo a portare in Italia e nel mondo il nostro modo di promuovere la qualità Made in Italy“. Inevitabile, parlando di posizionamento del prodotto sui mercati internazionali, toccare l’annoso tema della contraffazione alimentare, che vede il Grana Padano tra i prodotti maggiormente penalizzati dalla concorrenza sleale basata su prodotti che richiamano, con nomi equivoci, le eccellenze del nostro sistema agroalimentare.

L’Unione europea – ha sottolineato il direttore del Consorzio Stefano Berni – ha registrato oltre 1200 prodotti con marchi Dop, Igp e Stg. Il 22% di questi prodotti sono di origine italiana. Solo con provvedimenti precisi, chiari e rigorosi potremo proteggerli da falsificazioni e scimmiottature che continuano purtroppo a essere all’ordine del giorno. Per quanto di nostra competenza, continueremo le nostre attività di sensibilizzazione e promozione“. Su questo capitolo, l’Assemblea del Consorzio ha approvato un budget di 26,5 milioni di euro per la promozione, di cui 10,5 destinati alle attività all’estero e 16 per quelle sul territorio nazionale. Uno sforzo, fanno sapere i produttori di Gran Padano, utile a evidenziare i valori del loro formaggio e i suoi caratteri distintivi. Sul fronte della lotta alla contraffazione, altra vittima illustre è ovviamente il Parmigiano Reggiano. Nelle scorse settimane, anche il Consorzio con sede a Reggio Emilia ha alzato il tiro nella lotta all’italian sounding aperta con gli Stati Uniti e oggetto anche dei negoziati TTIP tra Unione Europea e Usa. Dopo aver denunciato alla Commissione Europea – davanti alla quale ha parlato pochi mesi fa il direttore dell’Ente, Riccardo Deserti – un fenomeno che colpisce il Parmigiano Reggiano con 100.000 tonnellate di prodotti venduti negli Stati Uniti con il termine “parmesan” e in confezioni che palesemente richiamano l’Italia, il Consorzio ha messo sul piatto gli esiti di una ricerca (sviluppata da Aicod) che evidenzia, oltre al danno per i produttori italiani, la situazione ingannevole che pesa sui consumatori americani. I dati non lasciano dubbi, al proposito. Per il 66% dei consumatori statunitensi, infatti, il termine “parmesan” non è affatto generico – come sostengono, invece, le industrie casearie americane – ma identifica un formaggio duro con una precisa provenienza geografica, che il 90% degli intervistati indica senza alcun dubbio nell’Italia.

Articolo di Emiliano Raccagni