Foreste in aumento

1883

Foreste_Piemonte

L’avanzata dei boschi italiani prosegue. La superficie forestale complessiva è pari a 10,9 milioni di ettari, con un aumento rispetto al 2005 di oltre 600mila ettari. E il Piemonte è la terza Regione per maggiore crescita in Italia (dopo Sardegna e Toscana): da 911.568 ettari nel 2005 a 955.110 ha nel 2015. I dati sono stati diffusi nei giorni scorsi dall’Annuario nazionale dell’Agricoltura, realizzato dal Crea. Le foreste (come riportato nel report sul settore) assumono sempre più un ruolo fondamentale ai fini della mitigazione dei cambiamenti climatici, grazie alla loro capacità di assorbire CO2 e di immobilizzare grandi quantità di carbonio, e rappresentano un elemento chiave nell’adempimento agli obblighi imposti dalle politiche climatiche internazionali. “Ma per svolgere questo importante ruolo – evidenzia Lido Riba, presidente Uncem Piemonte – devono essere correttamente gestite con tagli regolari e trasformazione del ceduo in fustaia ad esempio. Inoltre, non va dimenticato, oltre al ruolo protettivo, il ruolo produttivo. Da anni Uncem evidenzia che sarebbero oltre duemila i posti di lavoro attivabili nella filiera legno. Venti quintali per ettaro prelevabili ogni anno, destinandoli a produzione energetica, fruizione artigianale ed edilizia, a seconda della qualità del materiale. Il gettito sarebbe di oltre 500milioni di euro l’anno, facendo emergere il sommerso e dando un ruolo nel sistema produttivo alle piccole imprese esistenti. Cosa manca? Prima di tutto una legge sull’associazionismo fondiario e forestale, alla quale stiamo lavorando con la Regione. Poi un ruolo guida istituzionale regionale che ci crede ma, con Ipla, deve rafforzare le politiche per il settore forestale, potenzialmente non inferiore a quello agricolo. Bisogna investire fondi del Fesr per la nascita di start up ad esempio nel settore delle costruzioni in legno, oggi tutte concentrate nel nord est e in altre aree dell’arco alpino. Non dimentichiamoci che Rubner è nata costruendo un capanno per gli attrezzi. Oggi esporta in tutt’Europa case in legno, da filiera locale, alpina. Dobbiamo crederci”. Poi c’è il settore energetico: dallo stesso pezzo di legno, con le più moderne tecnologie, si possono produrre congiuntamente energia termica, elettrica, carbone vegetale. Non cascami, bensì elementi congiunti che valorizzano la filiera. Anche in questo settore serve una pianificazione, abbandonata cinque anni fa dalla Regione Piemonte. “Vi sono imprese private disposte a investire. Ma hanno bisogno di un supporto, di incentivi, come quelli del Fesr e del Feasr”, sottolineano i tecnici Uncem.

Fondamentale una migliore governance. “La Regione con legge e regolamento forestale detta la linea – sottolinea Riba – che poi deve essere attuata sui territori dalle Unioni montane, le quali hanno ricevuto specifiche competenze in materia dalle leggi regionali vigenti. Devono essere riattivati nelle Unioni, ad esempio, gli sportelli forestali, punto di riferimento per imprese e operatori del territorio. Con la Regione lavoriamo per rendere più semplici, efficaci e snelle le misure forestali del Psr. Serve un impegno congiunto dei Gal in questa direzione, che devono maggiormente relazionarsi con le Unioni montane”.

Il Crea evidenzia nel suo rapporto un alto grado di illegalità nei tagli e nei prelievi forestali. “Non è certo una novità – aggiunge Riba – e mi auguro che il controllo possa esserci anche oggi che il Corpo Forestale è transitato nell’Arma dei Carabinieri”. L’assorbimento della CO2 non può essere svolto senza l’attribuzione di un valore economico a questo ruolo. “Emerge anche dal rapporto Crea – fa notare Lido Riba – come la capacità di assorbire fattori inquinanti, come appunto anidride carbonica, è un bene, ha un valore ecosistemico, sancito anche dal Collegato ambientale alla legge di stabilità. Ma non deve restare sulla carta. Gli enti locali devono essere messi in condizione, attraverso leggi regionali e nazionali, di vendere l’assorbimento di CO2 per ogni ettaro di foresta gestito e certificato”. L’aumento delle foreste vuol dire anche abbandono e minore superficie per il pascolo. Non certo una notizia positiva per la protezione dei versanti, troppo carichi e soprattutto non gestiti, con un sottobosco che cresce senza regole e non previene il dissesto idrogeologico. “Le politiche forestali devono essere inserite nella logica delle green communities che lo Stato deve incentivare – sottolinea ancora Lido Riba – Al Collegato ambientale deve seguire al più presto l’annunciato Green Act. Faccio appello al Viceministro Olivero, a tutti i Parlamentari piemontesi, affinché si possa scrivere e attuare in fretta un testo necessario per il Paese, ove sia contenuta una seria politica per le aree rurali e montane. L’aumento delle foreste ci preoccupa ma anche l’assenza di politiche, nazionali e locali, può notevolmente complicare gli scenari, non permettendo la crescita di una filiera che in altri Stati alpini ha segnato, negli ultimi decenni, il rilancio economico e sociale dei territori montani”.