Così “sfiorisce” il florovivaismo lombardo…

1425

La crisi economica non risparmia il florovivaismo lombardo. Tra 2012 e 2013 sono “scomparse” circa 300 aziende in tutta la filiera del verde – spiega la Coldiretti Lombardia –. L’unico segmento che tiene è quello destinato agli “hobby farmers”, coloro che nel tempo libero si dedicano alla coltivazione di un orto. Questo, però – avverte la Coldiretti Lombardia – non basta a ridare ossigeno a un comparto in ginocchio. “Tra produzione, garden, costruzione e manutenzione del verde, oggi si contano 5.200 imprese con circa 15 mila dipendenti– spiega Nada Forbici, bresciana, Presidente di Assofloro Lombardia –. Le aziende sono concentrate soprattutto nelle province di Milano, Varese e Brescia, ma il loro numero è in continua diminuzione. Tra il 2012 e il 2013 abbiamo registrato un calo del 7%, mentre fra il 2013 e quest’anno temiamo un calo ulteriore di circa il 12%”.

 Il comparto risente della concorrenza straniera, dell’andamento climatico anomalo, del calo degli ordini da parte della pubblica amministrazione e anche da parte del settore edilizio sulla preparazione degli spazi verdi nei condomini. “Su tutto pesa la crisi dei consumi, che ha portato le famiglie a ridurre i beni ritenuti erroneamente secondari, come le piante e i fiori, che invece sono anche la misura della qualità di vita delle nostre case e delle nostre città” afferma Nada Forbici.

L’unico segnale positivo viene dalla vendita delle piantine da orto, come conferma Marcello Doniselli, vivaista di Baranzate, in provincia di Milano: “In questo periodo si vendono solo le piantine di aglio, cicorie, pomodori che servono per gli orti domestici – spiega – Il resto è tutto fermo. Con le piante da esterno si lavora in perdita da quando è esplosa la crisi edilizia e delle amministrazioni pubbliche”. Quella degli orti urbani – commenta la Coldiretti Lombardia – è una tendenza in continua crescita che non coinvolge più solo pensionati e le casalinghe, ma che si sta allargando a tutte le fasce della popolazione, con esperimenti di coltivazione collettiva come quella della Cascina Cuccagna a Milano.

 Per far fronte alla crisi, le aziende vivaistiche più strutturate guardano all’estero. “Negli ultimi due o tre anni – spiega ancora Nada Forbici – è cresciuto molto il mercato estero verso la Turchia o gli Emirati Arabi. E non è un caso: in questi Paesi, infatti, l’edilizia non si è fermata. Dalla Lombardia esportiamo in particolare alberature ad alto fusto, come le conifere”. Le piccole imprese, invece, provano a uscire dal tunnel reinventandosi, passando ad esempio dal settore della costruzione del verde a quello della manutenzione, ma spesso l’unica soluzione è la chiusura soprattutto per chi vanta crediti insoluti con la pubblica amministrazione.

 “Per risalire la china – conclude Nada Forbici, che gestisce un’azienda in provincia di Brescia – abbiamo bisogno di interventi mirati da parte delle istituzioni. A cominciare dall’emanazione del decreto di attuazione della norma che rende applicabile l’agevolazione sul gasolio per le serre con la riduzione dell’accisa. Inoltre servono sgravi fiscali e bisogna combattere coloro che sfruttano il lavoro nero, facendo così concorrenza sleale ai florovivaisti onesti”. A rischio – spiega la Coldiretti – c’è un settore di punta dell’agroalimentare lombardo: complessivamente nel 2012, il valore della produzione a prezzi correnti è stato di 218 milioni di euro, pari all’8,4 per cento del valore della produzione totale nazionale.