Xylella: abbattute le prime piante

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Sono iniziate come previsto e non senza polemiche, le procedure di abbattimento dei primi ulivi colpiti in Puglia dalla Xylella Fastidiosa. In località Fascata, ad Oria (Brindisi), le ruspe hanno eliminato sette piante, tra le proteste degli ambientalisti, prima di procedere con la bruciatura delle ramaglie e la pulizia del terreno. A un giorno di distanza, tocca invece a ventidue ulivi segnalati nelle campagne di Veglie che, presidi permettendo, subiranno la stessa sorte, mentre intorno fervono i lavori di pulizia dei terreni così come previsto dal Commissario straordinario Giuseppe Siletti.

Si è passati, quindi, al momento più delicato e per molti aspetti drammatico della vicenda che vede coinvolta una parte vitale dell’economia agricola pugliese e nazionale, mentre  le organizzazioni agricole, ora dopo ora, prendono posizione e cercano di interpretare il malessere dei propri associati.

Per la Cia non si può perdere altro tempo e bisogna dare seguito alle azioni previste dal piano operativo predisposto dal Commissario, per evitare che il batterio si propaghi al resto della Puglia e dell’Italia. “Il nostro riferimento –scrive la CIA – è la scienza. Se la comunità scientifica indica l’eradicazione delle piante infette e l’attuazione delle normali pratiche colturali, allora si proceda senza perdere ulteriore tempo. Gli alberi di ulivo vanno salvaguardati con l’eradicazione selettiva, che coinvolga il minor numero di piante possibili, ovvero quelle realmente infette. Del problema, se ne deve fare carico appieno l’Unione europea, stanziando risorse economiche da destinare alla ricerca scientifica per potenziare la lotta al vettore e per selezionare varietà resistenti al batterio”. Risorse che, sempre secondo CIA, devono essere destinate anche alle aziende agricole pugliesi per effettuare i lavori straordinari agli oliveti, oltre che per risarcire i danni diretti.

Una collaborazione a tutti i livelli viene invocata anche da Coldiretti, che in queste ore sottolinea l’intenso lavoro di sensibilizzazione verso gli imprenditori, perché si concludano tempestivamente le potature e le arature. In queste settimane sono stati tenuti in merito oltre cento incontri sul territorio e si sono attivati anche video tutorial. Coldiretti si dice inoltre pronta a organizzare una task force per pulire i terreni incolti e quelli demaniali abbandonati.

Dal mondo della ricerca, intanto, arriva un ulteriore avvertimento: sradicare gli ulivi non basta, perchĂ© la Xylella fastidiosa è in realtĂ  un super-batterio che deve essere combattuto con armi capaci di colpire al cuore direttamente sia lo stesso microrganismo, sia l’insetto che lo diffonde. E’ questo, infatti, l’appello lanciato da alcuni ricercatori che stanno studiando il problema e che ritengono ugualmente importante azioni preventive sul terreno e per intercettare il batterio grazie alla diagnosi molecolare. Secondo l’esperto di Biologia ambientale Marcello Nicoletti, della Sapienza di Roma. ”E’ in atto una vera e propria epidemia, da parte di un microrganismo che per circa 30 anni è stato ‘tranquillo’ e che a un certo punto è improvvisamente cambiato. Le ragioni di questa trasformazione in un super-batterio non sono ancora note: secondo le teorie prevalenti potrebbe essere stata la conseguenza di una mutazione genetica spontanea, per esempio simile a quelle che avviene nel virus dell’influenza, oppure una risposta ad un clima piĂą caldo. Va quindi combattuto direttamente il batterio, insieme all’insetto che è il suo vettore, il Philenus spumarius, comunemente noto come ‘sputacchina’ e molto diffuso. Esistono antibiotici per combatterlo, ma c’è il rischio che alla fine possano rafforzare il batterio, rendendolo resistente. ‘Anche dopo aver distrutto le piante gli insetti restano nell’ambiente e continuano a diffondere la Xylella”. Per questo è importante aggredire anche gli insetti, ad esempio con larvicidi, ”ma sempre di origine naturale”, e agire poi sul terreno, ”modificandolo in modo che fornisca alla pianta il sostegno di cui ha bisogno”.

Articolo di Emiliano Raccagni