Una miniera di mele

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E’ stato inaugurato nei giorni scorsi, tra i monti del Trentino, un magazzino di stoccaggio delle mele unico al mondo. Può ospitare e conservare in atmosfera controllata oltre diecimila tonnellate del prezioso frutto, pari a quasi quarantamila cassoni. L’equivalente di 1050 vagoni. La particolarità? È stato realizzato sotto terra, negli spazi un tempo occupati da una miniera, oggi dismessa. Il progetto, realizzato dalla ditta specializzata Tassullo nel sottosuolo di Segno di Taio, in Val di Non, è attivo a poco meno di un chilometro dalla sede di Melinda, il consorzio che raggruppa oltre cinquemila soci frutticoltori.

Il nuovo magazzino sotterraneo di Melinda rappresenta un sistema all’avanguardia. Raffreddate le rocce, conserva le mele al fresco ottimizzando i consumi grazie ad un progetto sostenibile a 360 gradi, capace di limitare di 40mila  chilogrammi l’anno le emissioni di anidride carbonica, l’equivalente di quanto riesce a fare, con il proprio “lavoro”, un bosco di 50 ettari.

Uno spazio largo quindici metri, alto cinquanta, si sviluppa sui centoquaranta metri di una galleria più ampia, lunga ben diciassette chilometri e consentirà un minore consumo di 27.000 metri cubi di acqua annui, pari a dieci piscine olimpioniche, evitando la costruzione di un ulteriore capannone per la conservazione delle mele.  Senza tener conto del mancato consumo di suolo, pari a dieci chilometri quadrati che rimangono a disposizione per attività agricole. L’intero volume destinato allo stoccaggio è infatti interrato, mentre in superficie rimangono solamente le infrastrutture legate alle operazioni di carico e scarico. Entro il 2020 il nuovo impianto tecnologico per il freddo consentirà di gestire 400mila tonnellate di frutti; se il sistema funzionerà verranno create altre quattro celle ipogee, visitabili, per incoraggiare la nascita del ‘turismo della mela’

Un progetto pilota positivissimo, in termini di sostenibilità – commenta in una nota della Federazione trentina delle cooperative Michele Odorizzi, presidente di Melinda – e ora lo testeremo concretamente, ma i dati sperimentali ci dicono che funzionerà”.

L’idea è nata nel 2010: come ha spiegato il direttore di Melinda Luca Granata, nel business plan aziendale è previsto un aumento dei volumi trattati, che passerebbero entro il 2020 da 350mila a 400mila tonnellate di mele. Serviva un modo innovativo per conservarle e la soluzione, dopo una serie di studi approfonditi è stato scelto di di sfruttare il comportamento geotermico della dolomia, la roccia presente nella grotta, che è impermeabile ai gas e in grado di mantenere costante il rapporto tra ossigeno, azoto e anidride carbonica nell’ambiente. La roccia inoltre funziona da intercapedine termica, un po’ come un grande thermos per le mele: una volta portata la cella dai 10 gradi della roccia alla temperatura di 1 grado è sufficiente una minima quantità di energia per mantenere la temperatura costante e si consuma oltre il 60% in meno che con una cella frigorifera. Per ora la cella ospita circa diecimila  tonnellate di mele. “L’idea è quella di costruirne, nei prossimi anni, altre quattro, sempre qui – ha aggiunto Granata – si farà così spazio alle altre 40.000 tonnellate che dovrebbero venir prodotte secondo il nostro piano industriale“.

Un piano industriale che prevede, nel futuro, anche spazio a visite “turistiche”. Nel vicino punto vendita Mondo Melinda, ogni anno si registra un afflusso di oltre quarantamila persone. Ognuna delle quali è da considerare come un potenziale visitatore del sito ipogeo, con logiche e positive ricadute sul territorio, in termini di indotto.

Articolo di Emiliano Raccagni