Un anno difficile per il Made in Italy

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Clima e crisi economica hanno colpito pesantemente, nel corso del 2014, quasi tutti i pilastri dell’agroalimentare italiano, con produzioni calate, a seconda delle coltivazioni e conseguentemente dei prodotti, dal 15 fino al 50%. L’amaro bilancio è stato redatto da Coldiretti, secondo la quale nel 2015, a conti fatti, gli italiani troveranno sugli scaffali il 35% in meno di olio d’oliva italiano, il 25% degli agrumi, il 15% di vino e fino alla metà del miele. Anche per le castagne l’annata si è chiusa con una raccolta da record negativo, toccando i minimi storici.

Secondo l’organizzazione, la produzione Made in Italy di miele di acacia, castagno, agrumi e millefiori è quasi dimezzata per effetto del clima e la vendemmia, considerata come la più “scarsa”, quantitativamente parlando, dal 1950, porterà a una produzione di vino pari 41mila tonnellate, ben al di sotto degli standard consoni alla filiera. Addirittura più gravi le cifre del comparto oleico, con solo300mila tonnellate di olio italiano prodotto.

Filiere in sofferenza. Ma le brutte notizie non finiscono qui, interessando anche un “must” della dieta mediterranea come la pasta. Per gli analisti di Coldiretti, a  causa dell’eccessiva dipendenza dell’industria nazionale per l’acquisto di grano duro dall’estero, da dove arriva circa il 40% del fabbisogno, in concomitanza con un calo del 4% dei raccolti nazionali di frumento, le prospettive immediate sono tutt’altro che rosee. Lo attesta il calo del 10% bei raccolti all’interno dell’Unione Europea e soprattutto del 27% in Canada, che per l’industria italiana della pasta è il principale granaio.

Anche per il raccolto nazionale di agrumi il conto è pesante con un taglio del 25% mentre per il pomodoro da conserva per preparare polpe, passate e pelati da condimento si registra un calo delle rese per ettaro e la produzione rimane in linea con la media stagionale degli ultimi cinque anni solo grazie a un aumento delle superfici coltivate. E per le castagne siamo addirittura al minimo storico con un raccolto nazionale ben al di sotto dei 18 milioni di chili registrati lo scorso anno e pari ad appena 1/3 di quella di 10 anni

”Gli effetti del crollo produttivo si faranno sentire a tavola dove gli italiani – sottolinea la Coldiretti – sono i principali consumatori di pasta a livello mondiale con una media per persona di 26 chili all’anno, una quantità che è tre volte superiore a quella di uno statunitense, di un greco o di un francese, cinque volte superiore a quella di un tedesco o di uno spagnolo e sedici volte superiore a quella di un giapponese. Ma gli italiani fanno registrare acquisti da primato anche per il vino (38 litri a persona all’anno), per l’olio di oliva (12 chili a persona all’anno) e per i pomodori trasformati con circa 35 chili per persona all’anno. Anche per gli effetti dal punto di vista economico, rischiano quindi di mancare dalle tavole quei i prodotti base della dieta mediterranea che sono considerati indiscutibilmente come essenziali per garantire una buona salute, soprattutto per la crescita nelle giovani generazioni”.

Occhio all’etichetta. Al di la degli scontati effetti economici negativi sugli operatori e sulle aziende, si cela dietro l’angolo un’altra insidia. Se è infatti indiscutibile che gli italiani continueranno a chiedere e acquistare i prodotti base della propria dieta tradizionale, il rischio è che con queste pesanti contrazioni nei raccolti nazionali aumenti il rischio di trovare sugli scaffali prodotti provenienti dall’estero, spesso di qualità dubbia ma, cosa grave, confusi o camuffati da italiani. È per questo, consiglia la Coldiretti, che i consumatori dovrebbero alzare la soglia di attenzione nel leggere le etichette, almeno su quei prodotti come l’olio, il miele e gli agrumi freschi dove è in vigore l’obbligo di indicare la provenienza.

Articolo di Emiliano Raccagni