Ritorno alla terra

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A Busto Arsizio, in provincia di Varese, si svolge il progetto di rilancio di un’antica cascina. All’insegna della biodinamica e dell’agricoltura sociale.

Quella della Cascina Burattana è una storia comune alla stragrande maggioranza delle realtà agricole della Lombardia che fu. Anzi, è la storia stessa della civiltà contadina lombarda, anche se qui a Busto Arsizio (VA), grazie alla volontà di un gruppo di persone con idee e passione, si sta tentando di deviarne il corso, scrivendo un finale diverso dal solito. Sì, perché stiamo parlando di una grande corte rurale, presente e documentata fin dal 1600. Era il luogo che per generazioni ha ospitato famiglie contadine che dividevano tutto: residenza, lavoro, socialità e che con l’industrializzazione, fortissima in questa zona a partire dall’Ottocento, ha visto diminuire in modo progressivo la sua funzione. I braccianti diventavano operai, la campagna si svuotava e, inevitabilmente, le cascine andavano incontro a un destino di abbandono, parziale o totale. Così è stato anche per la Burattana, passata da cuore attivo di un’economia legata alle stagioni agricole a mera “testimonianza” di un patrimonio di importanza unica, anche se spesso trascurata. Proprio per la sua rilevanza, il Comitato amici della Cascina, nato qualche anno fa, sta adoperandosi per farla rinascere a nuova vita, ora che la proprietà è passata dalla famiglia nobiliare Durini al Comune. Oggi, una parte dei terreni è stata proprio data in affidamento alla cooperativa che nel frattempo si era costituita e, da allora, è tutto un fiorire di iniziative per ridare respiro all’immenso spazio, costituito da 2500 metri quadri di fabbricati e ben 17 ettari di terreno annessi.

Un progetto di ampio respiro

Coltivazione, vendita diretta di ortaggi a chilometro zero con mercatini organizzati nei weekend, corsi e iniziative sono solo gli inizi di un progetto ad ampio respiro. Ne parliamo con Enrica Crespi, una dei soci più attivi della cooperativa che ha l’ambizioso obiettivo di “tornare alla terra”, creando inoltre opportunità di lavoro. “Veniamo tutti – ci dice – da altre esperienze professionali e per ora abbiamo avuto l’occasione di occuparci del terreno agricolo e non degli spazi immobili. Coltiviamo circa tre ettari, tuttora operanti e convertiti a biodinamico, ma anche il resto è progressivamente destinato ad essere lavorato con questa particolare filosofia di coltivazione, che per noi è un aspetto imprescindibile”. La gestione è regolata da un contratto di affitto tra il Comune e la cooperativa, che tra l’altro  è impegnata come parte attiva dell’associazione, “Agire Insieme”, costituita tra dieci aziende biologiche e biodinamiche della Lombardia, per poter avere più possibilità nell’organizzare il commercio dei prodotti ed avere più “peso” ai tavoli regionali. L’opera di recupero di questi terreni ha inoltre permesso di strapparne una parte alle coltivazioni più o meno abusive e all’abbandono. L’iniziativa per il recupero ambientale del fabbricato è agli inizi, la trattativa per avere i permessi dal comune di Busto Arsizio è in stato avanzato e per la primavera prossima i soci contano di poter iniziare i lavori di riqualificazione di una parte della cascina. Il tutto, naturalmente è subordinato all’acquisizione di fondi da parte di enti privati e non, con diversi contatti già avviati nella speranza di riuscire a ricevere un aiuto. Nel frattempo il progetto cresce grazie a una serie di iniziative pensate per promuovere il ritorno alle origini: è stato organizzato presso la cascina un corso di biodinamica di primo livello  al quale hanno partecipato una trentina di agricoltori biologici interessati a compiere un ulteriore passo e convertirsi al biodinamico e sono in cantiere una serie di eventi sul territorio per far conoscere questa realtà e per avvicinare le persone al concetto di prodotto biodinamico a km 0. Da questo punto di vista, si avvalgono della collaborazione della cooperativa “Le strade del fresco”, che aiuta la Cascina nella gestione dei mercatini, nella vendita diretta e in generale nella distribuzione dei primi ortaggi coltivati. La grande sfida è fare di più: ristrutturare gli spazi, ospitare un centro per l’ippoterapia, progettare un ristorante dove servire piatti basati sui prodotti coltivati in cascina. Aumentando le attività e l’indotto, si creerebbero così anche occasioni occupazionali, con l’intento dichiarato di dare una possibilità di apprendistato e inserimento nel contesto lavorativo soprattutto a giovani e persone provenienti dal disagio sociale. Un obiettivo che va di pari passo con la ferrea volontà di sposare il metodo biodinamico. “Una filosofia che permette di lavorare la terra secondo procedure e ritmi del tutto naturali – continua Enrica- e che tra l’altro rappresenta un fattore di crescita per sempre più aziende. La nostra associazione, infatti, è composta da produttori biologici certificati e biodinamici che vogliono fare crescere, anche dal punto di vista delle quote di mercato, un’agricoltura di cui c’è sempre più richiesta. Questo, inutile dire, non è che un bene, perché vuol dire credere nella straordinaria varietà dell’agricoltura locale, contro le standardizzazioni che, invece, parte del settore vuol continuare a imporre al consumatore”. A partire dalla Lombardia, dove basta per tutti il dato di Milano, che da sola assorbe il 12% della richiesta nazionale di frutta e verdura biologica. Quello che si sta sperimentando a Cascina Burattana è insomma, a tutti gli effetti, un ritorno alla terra che attira sempre più attenzione, come dimostrano i corsi di primo e secondo livello per la certificazione biodinamica Demeter, a cui hanno partecipato sia “colleghi” agricoltori interessati sia un pubblico trasversale di persone impegnate in altri ambiti lavorativi, che proprio del percorso di ritorno alla terra vogliono saperne di più…

Articolo di Emiliano Raccagni