Premiati i giovani del Foodtech italiano

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Sempre più aziende, giovani e intraprendenti, scommettono sulla tecnologia a servizio dell’agricoltura. Ad esempio, occupandosi di sistemi per tutelare chi coltiva l’ulivo da malattie e parassiti, progettando orti verticali hi-tech o app che grazie all’elaborazione di dati in tempo reale aiutano il coltivatore a prendere decisioni importanti durante il ciclo produttivo degli ortaggi. Sono tre esempi che hanno portato altrettante startup italiane, assieme ad altre sette straniere, ad essere selezionate da Startupbootcamp FoodTech, incubatore con sede a Roma, ma parte di una rete globale attiva da New York a Singapore, nel corso del “Demo day” svoltosi nei giorni scorsi nella Capitale.

Scelte tra 600, le 10 start up hanno completato tre intensi mesi di “accelerazione” per prepararsi alla sfida di mercato. Dagli insetti che aiutano’ a produrre l’olio del futuro, all’app per consegnare cibo in università, anche con i robot, fino all’agricoltura “smart” che sfrutta sensori e algoritmi per ottimizzare le produzioni. Sono tecnologie che “rivoluzioneranno il settore dell’agroalimentare“, ha sottolineato Peter Kruger, ceo di Startupbootcamp FoodTech. Per il futuro dell’Italia, ha aggiunto Enrico Mercadante di Cisco Italy, tra i partner, quello che vediamo oggi “è oro“.

E così le tre startup italiane sono pronte a camminare con i propri passi e a offrire servizi al mercato globale. Come Evja, start up partenopea che a fine mese volerà a San Francisco per proporre alla Silicon Valley il suo sistema per l’agricoltura di precisione. Si tratta di una rete di sensori da installare nei campi o nelle serre che raccoglie dati sulla coltivazione e suggerisce all’agricoltore cosa fare: se e quando irrigare, ad esempio. O quando trattare chimicamente. Un sistema che può funzionare anche senza WiFi o rete cellulare e rappresenta l’unica realtà italiana selezionata per il World Agri-tech Summit che si terrà il 28 e 29 marzo a San Francisco. Evja ha già superato diversi test sul campo, grazie anche alla collaborazione avviata in Austria nel campo della viticoltura e all’installazione dei primi sensori anche in Italia. Nelle prossime settimane, infatti, saranno testati all’interno delle serre utilizzate da produttori di ortaggi per la quarta gamma nella Piana del Sele.

Anche per i ragazzi romani di Wallfarm gli obiettivi sono ambiziosi. Il team, specializzato in sistemi tecnologici al servizio degli orti verticali, ha unito le forze per un progetto sostenuto da Barilla che si è tradotto nel lancio di LIN (Lean Intelligent Agricolture): il sistema sfrutta le tecniche di coltivazione idroponiche e impiega sensori e software per automatizzare le colture. “Siamo come il cuore di un computer“, spiega Ares Ferrigni, ceo di Wallfarm. Grazie all’intelligenza artificiale la piattaforma “lavora come un agronomo in carne e ossa sul posto, che vede in che condizioni si trova la pianta e agisce di conseguenza“. La tecnologia è stata scelta da colossi come Tower Garden e Poliform.

Infine c’è Elaisian, altra startup romana, che ha invece sviluppato un algoritmo agronomico per i produttori di olio (coinvolgendo nelle sperimentazioni il colosso Monini) e riuscendo a stipulare una quindicina di contratti, quasi tutti in Italia ma con richieste anche da Grecia e Spagna. L’idea nasce “in casa”, spiega il ceo Damiano Angelici, appartenente a una famiglia che produce olio da 80 anni. I sensori sugli alberi raccolgono decine di informazioni elaborate da un software per dare suggerimenti ai produttori. L’obiettivo è quello ridurre i costi e incrementare la produzione.

Articolo di Emiliano Raccagni