Nasce il Consorzio Zafferano Dop di San Gimignano

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È nato all’inizio di maggio ed è stato presentato ufficialmente a Firenze nei giorni scorsi il Consorzio di tutela dello Zafferano Dop di San Gimignano, frutto dell’unione di intenti da parte di quattro aziende produttrici della preziosa spezia nel territorio di uno dei borghi più belli d’Italia. Agriturismo il Castagnolino, Fortezza de’ Cortesi, Il Vecchio Maneggio e Strada Vecchia. Questo il poker di produttori che con la nascita del Consorzio, anche in sinergia con l’amministrazione comunale della città turrita, vuole dare ulteriore impulso al percorso di valorizzazione del prezioso prodotto, che dal 2005 ha ottenuto il riconoscimento della Dop e che è passato, nel 2015, dalla costituzione dell’associazione Amici dello Zafferano e da tanti eventi organizzati a San Gimignano e non solo per promuovere questo prodotto storico del territorio che sta conoscendo nuova fama e vivacità. Nonostante il riconoscimento recente della Denominazione di Origine Protetta, la coltivazione dello zafferano a San Gimignano ha storia antica e documentata fin dal Medioevo, quando rappresentava una voce importante per l’economia locale. Un tempo, infatti, si diceva di un uomo felice e gioviale ”ha dormito in un sacco di Zafferano”. Sulle Colline di San Gimignano, fiorisce da secoli: originario della Persia, nel territorio sangimignanese ci s’era trovato bene, tanto che nel XIII secolo i produttori locali lo vendevano su vari mercati italiani e lo esportavano fino in Egitto, in Tunisia, in Siria, in Terrasanta.

Lo Zafferano di San Gimignano Dop è confezionato in stigmi interi che ne garantiscono la purezza ed è solo di 1° categoria come stabilito dal disciplinare di produzione. Le caratteristiche del prodotto sono conformi alla norma ISO 3632-1:1993: Categoria 1. La lavorazione del prodotto è completamente manuale: dalla mondatura e successivo impianto dei bulbi alla raccolta dei fiori. I fiori sbocciano fra l’inizio di ottobre e la fine di novembre e vengono raccolti a mano nelle prime ore mattutine. Nell’arco della stessa giornata viene effettuata la mondatura, cioè il prelievo dei tre stigmi rossi di ogni fiore che vengono essiccati ad una temperatura controllata inferiore a 50°. In Italia, fino all’inizio del ‘900 la coltivazione dello zafferano era molto più diffusa rispetto a oggi: basti pensare che nella sola provincia dell’Aquila si contavano 500 ettari. Le varie fasi cicliche dell’economia –come ricorda l’associazione Zafferano italiano- l’evoluzione o l’involuzione dei consumi, l’abbandono delle campagne ha portato in questi ultimi decenni la coltivazione dello zafferano ad essere una coltura integrativa al reddito di altre produzioni, presente in un numero limitato e di regioni e solo in aree vocate. Una coltura che in base a dati sommari può essere oggi stimata presente in una cinquantina di ettari distribuiti in Sardegna nell’area del Medio Campidano, in Abruzzo nell’Altopiano di Navelli, in Toscana nelle province di Firenze, Siena, Grosseto ed Arezzo, in Umbria nella provincia di Perugia, nelle Marche. In questo ultimo decennio c’è un nuovo interesse da parte dei giovani, dei piccoli e medi imprenditori agricoli, agrituristici e delle donne. In particolare quest’ultime con tenacia si adoperano in ogni regione per il rilancio di questo fiore come spezia utile in cucina ma non solo: sono sempre più i possibili usi alternativi a quelli gastronomici, come in cosmesi ma ancor più nella farmacopea in quanto i suoi elementi essenziali possono essere una soluzione o un complemento ad alcune malattie per il l’alto potere antiossidante e per altre sue capacità oggetto di ricerca da parte di eminenti Istituti Universitari, di Ricerca in Italia e all’estero. Un vero Rinascimento per questo fiore la cui passione è immutata da parte dei produttori italiani.

Emiliano Raccagni