Mi coltivo il tuo orto

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Tre giovani imprenditori hanno messo in pratica l’idea di realizzare lotti personalizzati: il cliente sceglie cosa vuole, ne segue nascita e crescita e infine si trova frutta e verdura comodamente consegnate a domicilio.

Negli anni Novanta, ebbe improvvisa quanto breve gloria un giocattolino elettronico chiamato “tamagotchi”. Fu una moda folgorante: per le strade si incrociavano ragazzini (e non solo) intenti ad accudire il loro pulcino virtuale che, dallo schermo, con cadenza prestabilita, reclamava attenzione, cibo, pulizia e in base alle cure ricevute cresceva contento o deperiva fino a “morire”. Questo curioso oggetto di culto deve essere tornato in mente per descrivere la storia e l’attività dell’azienda Mi coltivo agli organizzatori degli Oscar Green, i classici premi per l’agricoltura innovativa consegnati da Coldiretti ogni anno. Di orto tamagotchi si è infatti parlato per descrivere l’idea dei tre giovani titolari che, sui propri terreni aziendali, offrono la possibilità ai clienti di scegliere il proprio lotto da dedicare a orto e farne una sorta di propria creatura personalizzata. Al cliente abbonato, insomma, spetta la facoltà di scegliere cosa piantare e seguirne la crescita fino alla raccolta e al consumo, con la possibilità, inoltre, di decidere come impostare il suo pezzo di campagna con tanto di cancello d’ingresso, steccato e perfino spaventapasseri.

Una realtĂ  piĂą complessa

Dietro questa breve e curiosa descrizione, in realtà, si trova un progetto ben più articolato, in cui Francesco Paolicchi, 25 anni, Alessandro Di Fonzo, 35, e Francesco Manciocco, 31, intraprendenti agronomi laureati all’Università di Pisa, hanno investito su un’idea per realizzare un’azienda che interpreti un modo giovane e innovativo di intendere l’agricoltura, innanzitutto dal punto di vista del marketing e del modo di porsi con la clientela. Le impostazioni colturali e la filosofia di fondo sono ispirate al rispetto della stagionalità, della filiera corta, dell’alimentazione sana e sostenibile che non può prescindere da scelte responsabili in campo. Da questo punto di vista i terreni,  1,2 ettari a San Martino a Ulmiano, San Giuliano Terme, e 1,6 ettari a Follonica, sono stati scelti dopo una scrupolosa cernita fatta di ispezioni e analisi di laboratorio, per puntare sulla loro “purezza” rispetto a residui chimici e sostanze indesiderate. Un ambiente sano, incontaminato e spontaneo, insomma, dove interpretare un’agricoltura slow, fatta rigorosamente a mano. Il tutto nel contesto di una progettualità, anche sul campo, non facile. Bisogna infatti fare i conti con una parcellizzazione molto spinta e una diversa scelta di ortaggi da coltivare di orto in orto, a seconda delle esigenze del cliente. Non facile dunque, e ben poco adatto all’improvvisazione. Questo, quindi, il retroterra da cui è nata, tra le altre cose, l’idea dell’orto “tamaghotchi” tutto da adottare, che risulta quindi l’aspetto più accattivante e comunicabile.

Articolo di Emiliano Raccagni

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