La serra del futuro? In fondo al mare…

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Un orto in fondo al Mar Ligure, capace di produrre il Basilico, simbolo dell’agricoltura e dell’enogastronomia di quella terra. Per ora si tratta di un esperimento (seppur bene avviato), ma i primi risultati e la curiosità destata tra gli addetti ai lavori sono state tali da far riservare a questa coltivazione sui generis un posto in vetrina all’interno del Padiglione Italia di Expo, attraverso un filmato illustrativo nell’area “i poteri del Limite”, nel quale si presentano, una per ogni Regione, soluzioni per l’alimentazione del futuro nate dalla creatività italiana.

L’Orto di Nemo, questo il suggestivo nome che richiama il leggendario personaggio di Ventimila leghe sotto i mari (e per estensione Ulisse), è frutto dell’intuizione e dell’ingegno di Sergio Gamberini, amministratore unico della Mestel Safety, società specializzata (tra l’altro) in attrezzature e lavori subacquei con base a Sant’Olcese, paesino del primo entroterra alle spalle del capoluogo genovese.

Il progetto è nato nel 2012 ed è proseguito nei due anni successivi nelle acque di Noli, dove in 36 metri quadrati di fondale si è iniziato a sperimentare la coltivazione delle piantine di basilico all’interno di speciali serre. Due biosfere di circa 800 litri di volume, che sono state ancorate in modo non invasivo per l’ambiente e all’interno delle quali gli operatori hanno allestito il “terreno” per seminare le piantine di basilico. “Il principio – spiega Sergio Gamberini – è quello di creare delle fonti alternative di produzione di vegetali laddove le condizioni ambientali terrestri particolarmente estreme non rendono disponibile acqua dolce, terreni fertili e sono caratterizzate da forti escursioni termiche tra giorno e notte. Condizioni che pongono delle forti barriere all’agricoltura convenzionale“.

Il Progetto è infatti destinato a tutte le zone di mare prospicenti aree desertiche o isole coralligene. Delle ‘biosfere’ trasparenti ancorate al fondo e galleggianti a diverse profondità ospitano le varie culture che si sviluppano grazie ad una temperatura quasi costante tra giorno e notte e alla evaporazione dell’acqua di mare che, condensandosi sulle pareti interne, crea le condizioni ideali per la crescita delle piante.

All’interno di queste speciali serre si creano perciò condizioni stabili di temperatura e umidità, garantite naturalmente dal mare. Dopo soli tre giorni, ecco i primi germogli e in poco meno di due mesi il raccolto. Il tutto a prova di insetti e senza l’utilizzo di antiparassitari: la contaminazione è infatti esclusa, a meno che non sia stata avviata nelle coltivazioni terrestri di partenza.

E’ ovviamente prematura pensare a un possibile sfruttamento commerciale. Troppo esiguo il raccolto (solo pochi etti di basilico “subacqueo”) consiglia prudenza sull’estensione a larga scala del metodo, seppure i primi riscontri di laboratorio siano incoraggianti. Secondo le analisi del Centro di Agronomia di Albenga, le qualità organolettiche delle piantine non si discostano da quelle del prodotto coltivato in maniera tradizionale. Anzi, potrebbero essere addirittura superiori.

La curiosità, comunque, è molta e dall’Arabia Saudita sono arrivate richieste di informazioni su mezzi e tecnologie impiegate, oltre alla prenotazione di un prototipo di biosfera marina, che si vorrebbe studiare per estendere il metodo su larga scala a coltivazioni come quella della lattuga. Anche se da Genova frenano sul raggiungimento del traguardo in tempi brevi, non è un sogno pensare a un futuro in cui anche i paesi dove l’agricoltura tradizionale è di difficile resa per le condizioni ambientali e climatiche, si possano ottenere forniture di cibo in modo alternativo.

Articolo di Emiliano Raccagni