La Carta di Milano

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A tre giorni dall’apertura dell’Expo c’è il rischio concreto che gli agricoltori, i veri protagonisti della sfida del millennio “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”, finiscano in secondo piano. Per questo la Cia ieri nel capoluogo lombardo, dove all’Università Statale si è tenuta l’ultima sezione per la stesura della “Carta di Milano”, ha posto con forza la questione della centralità dei contadini.Il presidente nazionale della Confederazione Dino Scanavino fa un appello che è anche una denuncia: “Non vorremmo che la portata dell’evento Expo, un certo ecologismo di ritorno e un eccesso di esposizione mediatica non già sui temi delle risorse alimentari, ma dell’enogastronomia, faccia dimenticare che senza il lavoro dei campi non si può nutrire il pianeta né generare energie per la vita”. La Cia, ha sottolineato, “ha intenzione di utilizzare l’Expo per mettere al centro tutto ciò che costituisce agricoltura: dalle tradizioni alla tecnologia, dalla cooperazione internazionale -che in campo agricolo va letta oggi quasi come un’azione di ‘peacekeeping’- alla difesa e valorizzazione della biodiversità e di creare su questi temi veri e propri protocolli di azione comune con tutti gli agricoltori del mondo. Convinti come siamo che è la difesa e la promozione del lavoro agricolo che consentirà all’Expo di segnare una svolta epocale per il mondo. L’Italia, del resto, ha posto il proprio modello agricolo basato sulla biodiversità, sulla qualità, sul valore culturale e antropologico del produrre in agricoltura, sullo sviluppo sostenibile che nasce dalla pratica agricola come primo pilastro dell’Expo e questo dobbiamo riversare nella Carta di Milano. Questo è il nostro impegno”.

Nel corso dei lavori  a Milano, del resto, le parole di Dino Scanavino hanno avuto una forte eco. Dal ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina che ha detto come la carta di Milano debba essere un documento di “cittadinanza globale” a Salvatore Veca coordinatore scientifico che ha ribadito come l’Expo sia “una prova generale del futuro” a Marta Dassu e Livia Pomodoro che hanno ribadito che “non c’è cibo senza diritto e in particolare il diritto delle donne”, tutti concordano che la Carta di Milano debba essere il documento che consegna al mondo l’eredità di Expo sotto forma di “protocollo della dignità agricola”. Ed è su questo che la Cia concentra il proprio sforzo progettuale, il proprio programma e la propria presenza in Expo.

Cinzia Pagni -vicepresidente vicario di Cia- ha sottolineato come “il contributo di Cia alla Carta di Milano è riassunto dal lavoro che abbiamo fatto con ‘Il territorio come destino’. E’ stata una ricognizione profonda del mondo agricolo dalla quale abbiamo fatto emergere quattro punti di forza che però possono diventare delle criticità: il primo è il ruolo dell’agricoltura multifunzionale che diventa non solo produzione di cibo ma tutela della biodiversità e dell’ambiente, conservazione e promozione della cultura rurale, rovesciamento del rapporto città-campagna assegnando all’ambiente rurale il primato d’elaborazione di stili di vita e di modelli produttivi sostenibili; il secondo  la costruzione di filiere corte in cui la catena del valore sia totalmente agricola; il terzo il ruolo dell’agricoltura come attivatore di ricerca e innovazione ma in quadro di sostenibilità; il quarto il ruolo dell’agricoltura e dunque dell’imprenditore agricolo come protagonista di una società più equa e di un mondo dove qualità della vita e qualità dell’ambiente siano inscindibili”.

Questi sono i temi che “Il territorio come destino” ha messo ha punto in una serie di incontri, di studi e di approfondimenti che si sono riversati come contributo nella Carta di Milano nella quale, ha affermato ancora il presidente di Cia Dino Scanavino, “vogliamo che emerga come la costruzione del futuro non può essere  un mondo senza agricoltori, un’agricoltura consegnata alle multinazionali alimentari, alle società finanziarie e ai fondi di investimento, ma un mondo con agricolture ‘plurali’ e con agricoltori più protagonisti, in grado di innescare processi più integrati con l’ambiente, il turismo, la cultura, il welfare, tra città e campagna, tra produttori e consumatori”.Per questo, ha anticipato la Pagni, “già lunedì alla giunta esecutiva proporremo che tutti i 900 mila agricoltori della Cia sottoscrivano la Carta di Milano, per fare sentire il peso e la voce di chi la terra la lavora, la fertilizza e la difende”.

Forti di questi valori, gli agricoltori di Cia sono tra i protagonisti principali dell’Expo dove il debutto delle iniziative della Confederazione ci sarà il 5 maggio con la prima delle sei giornate di Cia in Expo dedicata ai giovani agricoltori. Il tema scelto è “Giovani: il vivaio da coltivare per far crescere il Paese” e si scoprirà come giovani ingeneri, economisti, perfino matematici abbiano scelto di realizzare il loro desiderio di vita attraverso il lavoro dei campi così come si scoprirà in “Agricoltura e benessere” come la percezione del valore agricolo sia oggi nella società contemporanea l’unica risorsa di armonia per gli uomini. Questi saranno anche i temi al centro dell’assemblea dei giovani agricoltori di Cia incentrata sulla proposta “Vivaio d’impresa, vivaio di idee” proprio per dare sostanza a quell’agricoltura multifunzionale e sostenibile che è al centro del contributo di Cia alla Carta di Milano. L’altro tema centrale è quello della biodiversità e delle coltivazioni biologiche come unica proposta possibile per un cibo equo e sano. Per questo Cia è il main partner di Biodiversity Park che racconta al mondo la peculiarità dell’agricoltura italiana: quella di essere la valorizzazione delle peculiarità territoriali. Dunque un agricoltura che è sì universale ma non omogeneizzata, che è si globale perché la questione alimentare riguarda il futuro del mondo ma che non ammette scorciatoie rispetto alla tutela della qualità ambientale. E’ questo che i 900 mila agricoltori della Cia scrivono nella Carta di Milano come promessa per il futuro e impegno quotidiano.