Il mio latte a impatto zero

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La storia di Silvia Mazzoleri racconta del suo amore per l’azienda di famiglia e di come sia riuscita a rinnovarne l’immagine. Nel segno del benessere animale e delle energie alternative.

“La dinamicità e l’attenzione alle nuove tecnologie sono state le basi dalle quali siamo partiti per rilanciare la nostra azienda di famiglia sul mercato”. Racconta con queste parole l’inizio della sua avventura di imprenditrice agricola Silvia Mazzoleri, oggi, insieme al marito Riccardo Recanati, titolare dell’azienda agricola Erremme di Isso, situata in provincia di Bergamo. Ingenti investimenti volti al perfezionamento delle strutture e dei programmi per la gestione della mandria e degli alimenti, una grande considerazione del benessere animale e la diversificazione delle attività rispetto all’esercizio principale, l’allevamento, attraverso due impianti a energie rinnovabili, per incrementare le fonti di reddito con le risorse disponibili in azienda: sono state queste le carte vincenti che l’azienda ha giocato a partire dal 2010, l’anno della costituzione della nuova società, che ha preso il posto di quella gestita sino a quel momento, per 30 anni, da Antonio Mazzoleri, il padre di Silvia. Quelle carte che hanno trasformato un normale allevamento bergamasco in un vero e proprio avamposto tecnologico per la zootecnia del terzo millennio.

Una sfida vinta

Silvia, prima di raccogliere questa sfida, si occupava della gestione amministrativa dell’azienda edile del marito, il quale l’ha poi appoggiata, continuando nel frattempo ad occuparsi anche della sua impresa, e ha contribuito all’affermazione della nuova società apportando la sua esperienza di imprenditore. “Siamo stati spinti dalla voglia di dare continuità a un’attività di famiglia che esisteva da generazioni: abbiamo creduto nella buona agricoltura, una risorsa e un patrimonio da difendere e tutelare”, spiegano. Oggi l’azienda, che dà lavoro a cinque dipendenti a tempo indeterminato, vanta un allevamento di 500 bovine, di cui 250 capi in lattazione e 250 da rimonta, e produce giornalmente circa 80 quintali di latte di grande qualità, che viene ceduto alla cooperativa Granlatte, di cui Erremme è socia. Le colture? 80 ha nel complesso, sui quali vengono seminati prevalentemente mais, loietto ed erba medica, necessari all’alimentazione degli animali. I metri quadri coperti, invece, sono circa 8.000, e contano una stalla per vacche in lattazione, una per manze e vacche in asciutta, un ricovero per vitelli, un capannone deposito mezzi e attrezzature, un magazzino per la fienagione, un ufficio, un mini-impianto di biogas e un sistema fotovoltaico. Recentemente l’azienda, che oltre al latte vende anche le manze in esubero e l’energia elettrica non necessaria al suo fabbisogno, ha ottenuto dal Ministero dello Sviluppo economico, Direzione generale ufficio italiano brevetti e marchi, il brand ‘Erremme’, per il riconoscimento degli animali provenienti dal suo allevamento.

Sole e reflui zootecnici

Sono le due ‘materie prime’ con le quali l’azienda mira all’autosufficienza energetica e al miglioramento del suo impatto ambientale. Seguendo l’idea di incrementare con le risorse disponibili in azienda le fonti di reddito, nel 2010 i titolari della Erremme hanno deciso di sostituire le coperture in eternit sui tetti delle stalle aziendali con un impianto fotovoltaico avente una potenza complessiva di 98,90 kW. Realizzato in modo da risultare totalmente integrato, l’impianto ha usufruito di un sistema di fissaggio specifico per lamiere grecate che ha permesso un’installazione semplice e veloce. Composto da 460 moduli Kyocera KD215GH-2PU da 215 W, occupanti una superficie di 683,10 m², e da 8 inverter Power-One PVI-10.0-OUTDS e PVI 3.0-OUTDS, questo produce annualmente circa 95.000 kWh ed è incentivato attraverso il Conto Energia in regime di scambio sul posto. I moduli utilizzati sono in silicio policristallino e garantiscono un’elevata protezione contro le condizioni climatiche avverse; gli inverter, invece, risultano dotati di due ingressi MPPT separati che permettono di ottimizzare il rendimento gestendo le varie stringhe in modo indipendente le une dalle altre. Per quanto riguarda le emissioni di inquinanti evitate, infine, l’impianto assicura il risparmio in atmosfera di 43 t di CO2 ogni anno, oltre a 17,73 tonnellate equivalenti di petrolio. Ma l’intraprendenza di Silvia e Riccardo non si è fermata qui. Qualche tempo dopo la realizzazione dell’impianto fotovoltaico, infatti, a seguito del confronto con l’azienda Storti Spa, i due coniugi hanno optato per l’installazione del mini-impianto di biogas Domino, da 60 kWe, che viene alimentato dagli effluenti zootecnici derivanti dall’allevamento, i quali in precedenza hanno subito un processo di denitrificazione e vengono poi convogliati nel digestore in modo automatico. Questo secondo impianto, che consente di massimizzare le rese termiche ed energetiche riducendo i consumi aziendali e analizzando costantemente la qualità del biogas, permette all’impresa innanzitutto di rispettare la direttiva nitrati e, in secondo luogo, di eliminare lo zolfo all’interno del digestore, una tecnologia, quest’ultima, che fa sì che l’anidride solforosa venga rimossa dal biogas, proteggendo il cogeneratore da elementi corrosivi.

Articolo di Laura Turrini