I prezzi delle materie prime sulle etichette?

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Il comitato esecutivo di Slow Food ha consegnato nei giorni scorsi al ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio la sua proposta affinché i prezzi delle materie prime vengano segnalati sulle etichette degli alimenti. “Sarebbe uno strumento – spiega Slow Food – per rendere più consapevoli i consumatori, aumentare la trasparenza delle filiere, valorizzare imprese agricole etiche e socialmente responsabili e contrastare le politiche aggressive della Grande distribuzione nei confronti dell’agricoltura di piccola scala”.

Secondo gli esperti del comitato scientifico dell’organizzazione, l’etichetta non dovrebbe rappresentare un obbligo, ma un’autodichiarazione del trasformatore, per informare sui corretti ‘ricarichi’ subiti dal prodotto nei vari passaggi che lo portano ad arrivare sugli scaffali.

“Per il grano –ha dichiarato il presidente Carlo Petrini- il prezzo è praticamente lo stesso di trenta anni fa. Le carote, tanto per fare un altro esempio, sono pagate al coltivatore qualcosa come 7 centesimi al chilo”. Slow Food ha messo quindi a punto il progetto dell’etichetta con il prezzo ‘origine delle materie prime’ “per restituire dignità e valore al lavoro agricolo, fornire strumenti di valutazione al consumatore e contrastare la progressiva spinta al ribasso dei prezzi all’origine dei prodotti alimentari. E’ lo stesso meccanismo –dicono- che ha contribuito a generare condizioni di lavoro nelle campagne sempre meno dignitose e a innescare meccanismi in cui gli unici a guadagnarci sono i criminali più o meno organizzati che sul disperato bisogno di lavoro delle persone costruiscono le loro fortune”. Già nel 2011 Slow Food aveva lanciato la proposta dell’etichetta, uno strumento che fa conoscere ai consumatori molti più dati di quelli richiesti dalla legge.

Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) ha lanciato nel frattempo lanciato una consultazione pubblica sul tema dell’etichettatura, (on line sul sito www.ismea.it) fino al 30 novembre, che si concentra sull’origine delle materie prime, sul luogo di trasformazione e sulla presenza di queste informazioni in etichetta, per valutare se e quanto sia maturato l’interesse dell’opinione pubblica sulla materia.

Sempre in tema di etichette, Coldiretti è intervenuta sullo “stop alla spesa sleale” con la prima black list del carrello contro i sistemi di etichettatura nutrizionale fuorvianti, come quello a semaforo, ma che colpisce anche speculazioni, delocalizzazioni, ritardati pagamenti e vendite sottocosto tutelando agricoltori e consumatori. L’organizzazione presieduta da Roberto Moncalvo ha espresso apprezzamento per l`approvazione da parte della Commissione Agricoltura del Parlamento Europea della nuova legge europea contro le pratiche commerciali sleali nei rapporti tra le imprese nella filiera alimentare.

Il testo, presentato dall`on. Paolo De Castro e approvato a larghissima maggioranza, istituisce di fatto – precisa Coldiretti – una base normativa minima comune a livello Ue a cui dovranno far riferimento tutti gli operatori della filiera agroalimentare e che potrà essere affiancata o integrata dalle misure nazionali. Tra le novità più rilevanti si introduce il principio che tra le pratiche sleali da vietare su tutto il territorio dell`Unione debba esserci anche l`utilizzo di sistemi di etichettatura nutrizionale fuorvianti, come nel caso del semaforo adottato in Gran Bretagna che finisce per escludere nella dieta alimenti sani e naturali come l`olio di oliva che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta.