Decollano i droni

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Campi di mais “bombardati” chirurgicamente per sconfiggere la piralide, attraverso l’uso di droni. Non è fantascienza, bensì l’applicazione degli ultimi risultati della tecnologia per una lotta senza quartiere e, soprattutto, a impatto zero, contro uno dei maggiori problemi per i coltivatori della Pianura Padana, che ogni anno devono fare i conti con i problemi di calo della produzione dovuti ai danni provocati dall’insetto infestante.

Aiuto dal cielo. Da oggi, l’arma in più è rappresentata proprio dall’utilizzo dei droni che, primo caso in Europa, hanno iniziato nei giorni scorsi a sorvolare i campi di alcune aziende lombarde che hanno accettato di ospitare l’iniziativa presentata dall’Associazione Mantovana Allevatori e dal suo braccio commerciale Conal.

Il progetto, entrato nella sua fase “tecnologica”‘ ha in realtà preso origine nel 2008, con una fase sperimentale che ha permesso di mettere a punto la lotta biologica utilizzando il Trichogramma brassicae, un imenottero che per mestiere si dedica a neutralizzare le uova di piralide. Durante la fase sperimentale, gli insetti sono stati distribuiti nei campi manualmente, mentre l’utilizzo dei droni permetterà un vero e proprio salto di qualità. Utilizzando le coordinate geo satellitari dei terreni, il piccolo robot vola a un metro di altezza dalle piante di mais con “a bordo” un distributore caricato con sfere di cellulosa biodegradabili, che contengono le uova dell’imenottero. Le sfere, rilasciate sulle piante di mais, vedranno schiudersi e svilupparsi le larve nel giro di due-tre settimane, con nascite scalari. Ciò permette di coprire il periodo che va da inizio luglio a fine agosto e neutralizzare quindi la piralide, che in quel periodo riesce a sviluppare fino a tre generazioni. I risultati, ma anche i costi, sono equiparabili ai trattamenti chimici, con il vantaggio che la distribuzione può avvenire in qualsiasi condizione ambientale, anche con i terreni bagnati.

Impatto zero. Gli allevatori interessati da questa prima fase al momento sono venti, per circa 200 ettari coperti. “Abbiamo definitivamente superato i problemi iniziali -afferma Emanuele Zanforlin- responsabile commerciale di Koppert Italia, l’azienda che alleva gli insetti utilizzati per la lotta – che erano essenzialmente i rappresentati dai costi superiori rispetto al trattamento chimico e alla distribuzione manuale, che era improponibile su vasta scala” “L’intervento -dice il presidente di Ama Alberto Gandolfi- riesce ad evitare un pericolo doppio, senza nessun utilizzo di veleni e senza perdite da calpestamento nei campi. Se i sistemi tradizionali prevedono l’impiego di piretroidi e di macchine come i cosiddetti trampoli, che fisicamente entrano nelle colture di mais causando perdite di prodotto, il drone chiaramente no”.

Cambio epocale. Il drone, teleguidato da un pilota diplomato Enac, viaggia a una velocità di crociera di circa 20-30 chilometri orari ed è alimentato con una batteria che è in grado di coprire con una ricarica circa 5 ettari. Secondo Francesco Alessandrini, l’agronomo che ha seguito la sperimentazione, “rappresenta nel trattamento alla piralide col trampolo un salto in avanti paragonabile al passaggio dall’aratura coi buoi alle trattrici”. In campo il drone per il contrasto biologico alla piralide opera passaggi aerei ogni dieci metri circa, muovendosi a spirale. Il drone viene definito “tecnologia autentica”, perché a emissioni zero di CO2. Il costo si aggira attorno ai 40mila euro, ma i prezzi sono definiti in rapida discesa. “Il servizio -ribadisce il presidente di Comal Davide Errera- è possibile grazie alla collaborazione fra Associazione Mantovana Allevatori, Comal e il Sata, servizio tecnico di assistenza agli allevatori finanziato da Regione Lombardia”. Chi volesse beneficiarne o ricevere informazioni può contattare lo 0376/247231.

(Crediti fotografici: Associazione mantovana allevatori) 

Articolo di Emiliano Raccagni