Coltivatore … diretto?

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Diversi recenti provvedimenti giurisdizionali adottati dalla Suprema Corte di Cassazione hanno avuto ad oggetto rapporti, vicende e questioni attinenti la figura del coltivatore diretto. Una definizione che, dal punto di vista giuridico, assume una valenza fondamentale al fine di poter usufruire di aiuti ed agevolazioni previsti dalla normativa di settore. Con il supporto del dato testuale delle diverse norme succedutesi nel tempo proviamo ad individuare, in maniera puntuale, i contorni del coltivatore diretto, così come previsti dall’ordinamento giuridico italiano.

La laconicità del Codice Civile

Punto di partenza della nostra analisi è rappresentato da quanto definisce, seppur nella sua estrema sintesi e laconicità, l’articolo 2083 del Codice Civile: “Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia”. Alla luce del dettato normativo, pertanto, il coltivatore diretto è un piccolo imprenditore in quanto coltiva prevalentemente il fondo personalmente o grazie al supporto degli altri componenti del nucleo familiare.

Cosa dice il Ministero Economia e Finanze

Per meglio comprendere tale definizione necessita fare riferimento ad altre fonti normative. In particolare, la circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 3/DF del 18 maggio 2012, nel fornire importanti chiarimenti in merito all’Imu, individua anche alcuni tratti caratteristici del coltivatore diretto. In particolare, si legge nella circolare che “per la definizione di coltivatore diretto occorre evidenziare che il codice civile inquadra tale figura nella categoria dei piccoli imprenditori di cui all’art. 2083, senza darne una definizione chiara e generale, ad eccezione del riferimento operato dall’art. 1647 al soggetto che coltiva il fondo col lavoro prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia”. Tale precisazione è accompagnata da un elenco di leggi speciali dalle quali “emergono diverse definizioni di carattere settoriale dalle quali possono, comunque, evincersi degli elementi comuni ai fini di una nozione onnicomprensiva e, precisamente, il fatto che il soggetto si dedichi direttamente e abitualmente alla coltivazione del fondo, con lavoro proprio o della sua famiglia, e che la sua forza lavorativa non sia inferiore ad un terzo di quella complessiva richiesta dalla normale conduzione del fondo”.

La parola alle … leggi speciali

Leggi speciali, temporalmente piuttosto datate, forniscono ulteriori dettagli. Quelle richiamate dalla circolare sono la legge 3 maggio 1982, n. 203, secondo il quale “ai fini della presente legge sono affittuari coltivatori diretti coloro che coltivano il fondo con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempreché tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate necessarie per la coltivazione del fondo stesso, anche dell’impiego delle macchine agricole”; la legge 26 ottobre 1957, n. 1047 la quale prevede che “agli effetti della presente legge, sono considerati coltivatori diretti i proprietari, gli affittuari, gli enfiteuti e gli usufruttuari, i miglioratari, gli assegnatari, i pastori e gli altri comunque denominati che direttamente e abitualmente si dedicano alla manuale coltivazione dei fondi o all’allevamento e al governo del bestiame”; e ancora, la legge 9 gennaio 1966, n. 9 a norma della quale “È condizione per il diritto all’assicurazione di invalidità e vecchiaia per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni e per quello alla assicurazione di malattia per i coltivatori diretti che l’effettiva prestazione di lavoro del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità delle coltivazioni del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame”; infine, la legge 26 maggio 1965, n. 590 in base alla quale sono coltivatori diretti “coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all’allevamento ed al governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per la normale necessità della coltivazione del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame”.

A cura di Antonio Longo