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R&D (scritto come acronimo) sta per “Research and Development”, ed è la tipica denominazione dei reparti della cosiddetta “progettazione avanzata” delle aziende, ovvero dove appunto si ricerca e si sviluppa l’innovazione nella produzione. Si tratta di un settore tanto più importante quanto più l’azienda è “di frontiera”, cioè propone beni e servizi all’avanguardia del progresso tecnico.

In campo trattoristico, il settore R&D è piuttosto importante, dato che soprattutto negli ultimi decenni il prodotto ha subito radicali evoluzioni.

Peraltro, come è noto, per fare ricerca e innovazione ci vuole molto denaro, e in tempi di crisi è piuttosto ovvio che quello dell’R&D sia uno dei reparti maggiormente a rischio tagli. In altre parole, in un periodo come quello attuale non si va tanto per il sottile, c’è poca propensione ad avventurarsi in voli pindarici, e si tenta di salvare il fatturato puntando su elementi produttivi sicuri. E’ però proprio nei periodi di crisi che le aziende maggiormente lungimiranti non riducono (o addirittura incrementano) gli investimenti nel campo dell’R&D, proprio per essere pronti e battere la concorrenza sul piano dell’innovazione quando la crisi finirà. Perché prima o poi la crisi finisce…

Ecco perché mi sembra oltremodo lungimirante e coraggiosa la recente inaugurazione di due nuovi possenti banchi prova installati presso il centro di collaudo di Claas a Trangé, in Francia. Collocati in un edificio dedicato, le due attrezzature appoggiano tramite enormi ammortizzatori pneumatici su un pavimento antisismico, da 950 t di cemento e 60 di acciaio. Il loro funzionamento a carico massimo assorbe quasi 3 MW di potenza. Nel dettaglio, il primo dei due è un banco freno alle ruote, adibito al controllo delle prestazioni e all’ottimizzazione delle prestazioni in trazione del trattore (a cui concorrono il motore e la trasmissione meccanica e idraulica), mentre il secondo è un possente banco vibrante a 4 postazioni, per studiare e testare la resistenza, l’affidabilità, il comfort e la struttura delle macchine agricole.

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Si tratta di apparecchiature atte a lavorare in continuo, anche per periodi notevolmente lunghi, per ridurre in modo drastico la durata dei test di collaudo e, di conseguenza, i costi dello sviluppo. Con il nuovo banco freno si possono eseguire misurazioni di coppia, velocità, temperatura, potenza idraulica, ecc., controllando in contemporanea fino a 100 parametri. E’ possibile riprodurre sulla macchina in prova innumerevoli cicli di lavoro, che simulino le condizioni reali di lavoro svolte nelle condizioni operative e ambientali più varie: in Francia, in Ucraina, negli USA, in Australia, ecc. Il banco vibrante è invece dotato di 4 postazioni che possono lavorare ciascuna con carichi fino a 25 t, alla frequenza massima di 25 Hz e con un’ampiezza dell’oscillazione fino a 40 cm. Non solo sui trattori, ma anche sulle mietitrebbiatrici, sulle falcia-trincia-caricatrici, sulle rotoimballatrici, ecc. è ora possibile simulare in sole 4 settimane l’intera vita utile della macchina, in termini di sollecitazioni dinamiche. Nel dettaglio, per l’ottimizzazione della sospensione dell’asse anteriore del trattore possono essere verificate più di 20 configurazioni in meno di due giorni.

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Ciò che colpisce è che oltre ovviamente al massiccio investimento di 6,5 milioni di euro per le due apparecchiature, nel centro di Trangé di Claas operano dal 2012 ben 60 persone, in grado di sviluppare fino a 6 progetti contemporaneamente per un totale di quasi 100 trattori in prova. Si tratta di un impegno massiccio, portato avanti da chi evidentemente crede nel suo ritorno economico, magari non immediato, ma che comunque è sicuro, che con il tempo “paga”. Se guardiamo in “casa nostra”, quante sono le aziende del settore meccanico agricolo che in questo momento sono sulla medesima lunghezza d’onda? Sia ben chiaro: è del tutto evidente che, a causa della notevole frammentazione, pochi costruttori di macchine agricole italiani sarebbero in grado di adottare in autonomia una politica simile. Ma è importante ricordare che esistono altri modi, altrettanto efficaci per raggiungere l’obiettivo. Quali? Per esempio consorziarsi per unire le forze (e le risorse economiche), magari affidandosi alle Organizzazioni che già rappresentano i soggetti del settore (ad es. FederUnacoma), e/o coinvolgere coloro che fanno della ricerca il loro core business, come i Laboratori Scientifici pubblici e privati, le Università, ecc.

Eh si, perché è proprio solo ”quando il gioco si fa duro che i duri incominciano a giocare”…

 

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