Biologico in continua ascesa

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Si conferma il trend positivo del comparto biologico. Ormai da tempo, seppur al cospetto dell’imperante crisi economica, anche in Italia gli addetti ai lavori che operano nel bio registrano risultati di sicuro interesse. Anche i dati contenuti nell’Annuario dell’agricoltura italiana pubblicato da Inea supportano tale assunto: numeri alla mano, si evince un + 13% delle superfici dedicate, certificate e in conversione, pari a 1,3 milioni di ettari, ossia oltre il 10% della Sau complessiva. Il mercato biologico italiano ha raggiunto, nell’anno 2012, il quarto posto in Europa, con vendite pari a 1,9 miliardi di euro, e presenta una crescita di rilievo (+9,6% nel biennio 2011-2012). Entriamo più nel dettaglio dell’analisi.

Il contesto globale

A livello internazionale, si conferma il trend positivo della produzione e della commercializzazione di prodotti biologici. Un segmento di mercato in cui, comunque, vi è ancora molto potenziale inespresso. Sul fronte della produzione, i 37,5 milioni di ettari adibiti ad agricoltura biologica nel mondo rappresentano soltanto lo 0,9% della superficie agricola utilizzata (Sau) totale. Quote maggiori si registrano in Oceania (con il 2,9% e con l’Australia che rappresenta il primo paese al mondo per estensione) ed Europa (con il 2,3%, che sale al 5,6% nell’Ue), che si dividono quasi equamente il 62% della superficie biologica mondiale. L’aumento della superficie biologica complessiva nel biennio 2011-2012, sebbene contenuto (+0,5%), conferma un’evoluzione positiva pressoché continua dal 1999. In Europa, in particolare, prosegue la crescita annua di circa 500.000 ettari osservata negli ultimi 10 anni che consente alla superficie continentale di superare gli 11 milioni di ettari nel 2012 (+6% rispetto al 2011). A condurre l’agricoltura biologica europea sono 320.000 aziende circa (1,9 milioni nel mondo), di cui oltre due terzi dislocate in territorio Ue. Considerando la ripartizione di quest’ultima a livello nazionale, Spagna e Italia rappresentano i primi paesi per estensione del biologico (rispettivamente 1,6 e 1,2 milioni di ettari nel 2012), seguite da Germania e Francia con poco più di 1 milione di ettari ciascuna. Complessivamente, il mercato biologico europeo è cresciuto di circa il 6% nel 2012, raggiungendo un valore delle vendite di 23 miliardi di euro, spesi dai consumatori dell’Unione europea per oltre il 90%. Con poco più di 7 miliardi di euro realizzati nello stesso anno, la Germania continua a rappresentare il primo paese europeo per dimensione complessiva del mercato bio, seguita da Francia, Regno Unito e Italia.

Le produzioni

L’anno 2013 ha fatto registrare una crescita apprezzabile per l’agricoltura biologica italiana che, rispetto al 2012, vede le superfici dedicate, certificate e in conversione, aumentare del 13% circa, raggiungendo quota 1,3 milioni di ettari (oltre il 10% della Sau complessiva), contestualmente ad un incremento più modesto degli operatori (5,4%) che superano le 52.000 unità. In linea generale, gli operatori crescono maggiormente nelle regioni meridionali, mentre i trasformatori esclusivi aumentano in particolare al Nord. Sono soprattutto le aziende agricole del Sud (con la Puglia in prima posizione grazie a un incremento del 70%) e quelle di alcune regioni del Centro-Nord (Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Marche) ad internalizzare la trasformazione dei prodotti. E sono ancora le superfici biologiche (certificate e in conversione) delle regioni meridionali a far registrare i maggiori incrementi, pari mediamente al 20% − con una punta in Sicilia del 45% −, mentre nelle regioni del Centro-Nord si realizza un aumento medio irrilevante (+1,4%), con solo alcune eccezioni (+46% in Valle d’Aosta, +11% in Lazio).

Il mercato

Che il consumo di prodotti biologici in Italia sia ancora piuttosto basso è risaputo.  Si tratta soltanto di 31 euro pro capite. Nonostante ciò, le stime Fibl-Ifoam evidenziano che il mercato bio italiano raggiunge nel 2012 il quarto posto in Europa, con vendite pari a 1,9 miliardi di euro, e presenta una crescita di rilievo, pari al 9,6% nel biennio 2011-2012. Anche i dati Ismea/Gfk-Eurisko confermano la crescita nel periodo del mercato nazionale che mostra, in particolare, un picco nella vendita di prodotti bio confezionati nella Gdo di +17,3% nei primi cinque mesi del 2014 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: si tratta dell’incremento più elevato degli ultimi dodici anni, considerando anche che in tale arco temporale la spesa alimentare nel suo complesso è diminuita dell’1,4%. Tra i fattori che hanno spinto il bio, si segnalano l’aumento delle referenze e l’introduzione di nuovi prodotti, oltre che l’istituzione di private label bio anche nei discount, infine l’aumento dei prezzi che, negli ultimi quattro anni, è stato più contenuto nel bio che nel convenzionale, riducendosi parallelamente il differenziale tra i due settori.

Prospettive di riforma

Al cospetto di un contesto produttivo in continua evoluzione, anche la normativa di settore punta a rimodulare e rivedere principi e concetti che potrebbero oggi risultare anacronistici. In tal direzione si colloca, quindi, la proposta di nuovo regolamento formulata dalla Commissione europea, su input del Consiglio, al fine di sostituire il vigente regolamento 834/2007. Gli obiettivi generali della proposta sono quelli di favorire il miglioramento della quantità e qualità della produzione biologica nell’Ue aumentando la fiducia dei consumatori nei prodotti biologici, mediante un sistema di garanzie rafforzato, e di eliminare gli ostacoli allo sviluppo del settore, garantendo agli operatori un mercato più ampio. Inoltre, si impedisce la possibilità di produrre parallelamente con metodo biologico e con quello convenzionale, creando aziende biologiche esclusive ed eliminando di fatto le aziende miste; è prevista l’origine aziendale o regionale dei mangimi; altre disposizioni sono finalizzate a rafforzare la tracciabilità e la prevenzione delle frodi. Obiettivo dichiarato è il rafforzamento dell’identità del biologico per incrementare la fiducia del consumatore.

Articolo di Antonio Longo