Biodiversità indispensabile per il cambiamento climatico

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Non è la specie più forte a sopravvivere e nemmeno la più intelligente, ma la specie più predisposta al cambiamento” diceva Darwin, quando ancora i cambiamenti naturali avvenivano in tempi geologici. Oggi, con il cambiamento (climatico) che avanza ad una velocità maggiore di quella che potevamo immaginarci, allora diventa ancor più importante capire quali sono le specie predisposte al cambiamento. Ma ancora prima è necessario averle a disposizione, queste specie: con la diminuzione della biodiversità mondiale si rischia di perdere quella riserva di materiale genetico che è invece il serbatoio da cui pescare per trovare specie meglio adattate al nuovo che  – purtroppo  – avanza.  Lo sanno già da tempo gli agricoltori, lo sa già chi da sempre lavora in zone climaticamente difficili, ma ora abbiamo un documento in più a dircelo: il recente studio della FAO dal titolo “Affrontare il cambiamento climatico – Il ruolo delle risorse genetiche per l’alimentazione e l’agricoltura” disponibile QUI.

Nello studio si afferma che “è assai probabile che nei prossimi decenni milioni di persone la cui sussistenza e sicurezza alimentare dipendono dall’agricoltura, dall’acquacoltura, dalla pesca, dalla silvicoltura e dall’allevamento del bestiame, dovranno affrontare condizioni climatiche senza precedenti. Sarà necessario che le colture, il bestiame, gli alberi e gli organismi acquatici siano in grado di sopravvivere e di produrre in un clima che cambia”. La capacità di piante e animali allevati dagli agricoltori di resistere in condizioni volatili e adattarsi quando l’ambiente cambia è il risultato diretto della loro diversità genetica, ma, secondo lo studio, sono necessarie politiche di sostegno e un maggiore investimento per studiare e utilizzare la diversità come meccanismo di sopravvivenza. “In un mondo più caldo e con condizioni climatiche più estreme e variabili, le piante e gli animali allevati per fornire cibo dovranno avere la capacità biologica di adattarsi più rapidamente di quanto non sia successo sinora“, ha affermato la Vice Direttrice Generale della FAO, Maria Helena Semedo “Evitando ulteriori perdite di risorse genetiche agricole e dando maggiore attenzione allo studio del loro potenziale, si riuscirà ad aumentare la capacità del genere umano di adattarsi al cambiamento climatico“.

Migliorare i programmi di conservazione sia in-situ che ex-situ per le specie domestiche, per le specie selvatiche ad esse imparentate e per altre risorse genetiche selvatiche importanti per l’alimentazione e l’agricoltura, insieme a politiche che ne promuovano l’impiego; ampliare la nostra conoscenza sulle risorse genetiche per l’alimentazione e l’agricoltura; migliorare la conoscenza, la conservazione e l’uso di colture selvatiche vicine a quelle che impieghiamo: queste alcune delle misure necessarie per poter arrivare ad una effettiva conservazione della biodiversità.  A queste misure di sostegno si accompagnano naturalmente anche misure di divieto: “Occorre impegnarsi – suggerisce lo studio – affinché si evitino pratiche che distruggono la biodiversità o minano la salute degli ecosistemi agricoli – per esempio l’uso di insetticidi ad ampio spettro che hanno effetti negativi sugli insetti impollinatori

Non solo banche genetiche

La FAO ritiene che rafforzare la conservazione della diversità genetica nelle aziende agricole e nei campi sia importante quanto il mantenimento di banche genetiche. Molte forme di vita utilizzate in agricoltura non hanno un equivalente di sementi e possono essere mantenute solo attraverso l’intervento umano – un esempio è la banana, una coltura di base di vitale importanza per milioni di persone. Inoltre, la conservazione in situ – comprese varietà selvatiche di colture alimentari (specie selvatiche imparentate) – è un modo di “permettere all’evoluzione di andare avanti“, consentendo così la continua generazione di caratteri adattativi. La conservazione in situ può assumere molte forme, ma è particolarmente efficace se coinvolge da vicino gli agricoltori.

Miglioramento Genetico Partecipativo

Un esempio applicativo di quanto si afferma nello studio è il metodo del miglioramento genetico partecipativo, tra l’altro diffuso da un Italiano, Salvatore Ceccarelli del centro di ricerca ICARDA, in Siria. Si tratta di una strategia di selezione completamente diversa da quella tradizionale: nel miglioramento genetico partecipativo, infatti,  è l’agricoltore che partecipa direttamente al processo di selezione. La selezione avviene nelle condizioni delle aziende agricole reali, ovvero nelle condizioni e nei contesti in cui poi le varietà dovranno essere utilizzate. Si tratta di un cambiamento epocale: da una strategia selettiva – quella tradizionalmente usata – che mira a produrre varietà idonee al maggior numero di ambienti possibili e quindi a soffocare la diversità sui campi  a una strategia che cerca di scegliere per ogni ambiente la varietà più adatta. Perché’ proprio di fronte a questo ci porrà il cambiamento climatico: situazioni in cui è necessario adattarsi localmente e questo lo riconosce anche lo studio FAO: “(…) è sempre più chiaro che le conseguenze del cambiamento climatico devono essere considerate a livello locale oltre che a livello globale o regionale”.