Agricoltura, il 2015 secondo i dati dell’Istat

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Il 2015 fotografato da Istat nel Rapporto sull’andamento dell’economia agricola, diffuso in questi giorni, lascia spazio ad alcuni importanti motivi di soddisfazione per l’intero comparto. A partire dal suo valore aggiunto a prezzi correnti, che ammonta a 33,1 miliardi di euro, pari al 2,3% del valore aggiunto nazionale, crescendo rispetto al 2014 del 5,6% a prezzi correnti e del 3,8% in volume.  I prezzi dei prodotti agricoli venduti (output) risultano in lieve calo (-0,5%), mentre i prezzi dei prodotti acquistati (input) segnano una flessione più marcata (-3,3%); ne deriva un recupero dei margini rispetto al 2014. Il valore aggiunto del comparto agroalimentare, che oltre al settore agricolo comprende quello dell’industria alimentare, nel 2015 cresce del 4,2% in valori correnti e del 2,3% in volume. Notizie positive anche sul fronte lavorativo, con  le unità di lavoro nel settore agricolo cresciute del 2,2%; e che per l’industria alimentare fanno registrare un aumento pari allo 0,7%.

Nel corso del 2015 la ripresa più vivace della produzione del settore agricolo ha riguardato le coltivazioni legnose (+12,3% in volume), trainate dalle produzioni olivicole (+51,9%), vitivinicole (+9,2%) e frutticole (+6,2%). Di contro, si sono registrate flessioni per le coltivazioni foraggere (-4,3%) ed erbacee (-2,8%). Tra queste ultime risulta in forte riduzione la produzione dei cereali (-4,6%), anche se i risultati sono molto diversificati a livello di singoli prodotti; il calo è marcato per il mais (-21,8%), i cereali minori (-11,7%) e il frumento tenero (-3,5%) mentre la produzione di frumento duro aumenta del 9,0%. L’andamento è risultato positivo anche per le produzioni agrumicole (+15,1%) e frutticole (+6,2%).

Per quel che riguarda i prezzi, si registrano aumenti per ortaggi (+9,4%) e frutta (+5,6%) e flessioni per cereali (-2,7%), patate (-7,8%) e per il complesso delle coltivazioni industriali (-4,6%). Gli allevamenti zootecnici registrano una crescita in volume dello 0,8%, a sintesi di aumenti nelle produzioni suine (+2,9%), del pollame (+4,1%) e delle uova (+2,7%) e del perdurare della crisi nella produzione di carni bovine (-3,0%) e di conigli, selvaggina e minori (-3,9%); in leggera ripresa la produzione di latte (+0,3%).

Commentando i dati, Coldiretti pone l’accento soprattutto sulla competitività dell’agricoltura italiana. “L’occupazione –secondo l’organizzazione agricola-  cresce del 2,2% perché l’agricoltura italiana ha prodotto nel 2015 il valore aggiunto più elevato d’Europa grazie alla leadership conquistato nella qualità e nella sicurezza alimentare.  La rinnovata centralità acquisita dal settore è confermata dal fatto che il valore aggiunto a valori concatenati cresce in agricoltura del 3,8%, pari al triplo dell’industria (1,3%) e quasi 10 volte quello dei servizi (+0,4%) contribuendo alla crescita  del prodotto interno lordo ai prezzi di mercato dello 0,8% nel 2015. Il modello produttivo dell’agricoltura italiana è campione anche nella produzione di valore aggiunto per ettaro che è più del doppio della media UE, il triplo del Regno Unito, il doppio di Spagna e Germania, e il 70% in più dei cugini francesi. Un primato che però è messo a rischio nel 2016 dal calo dei prezzi riconosciuti agli agricoltori che per molte produzioni non riesce neanche a coprire i costi a causa delle distorsioni nella filiera che sottopagano il lavoro agricolo”.

Confagricoltura si concentra sui positivi dati occupazionali, sottolineando però un nodo critico, quello dei prezzi.  “Approfondiremo nei prossimi mesi come il settore agricolo offra opportunità di lavoro e contribuisca nella lotta alla disoccupazione, ma necessiti di misure adeguate per la semplificazione burocratica e l’alleggerimento degli oneri sociali. A dispetto della crisi generalizzata i dati positivi sul valore aggiunto non devono far dimenticare che si tratta però solo di un recupero rispetto agli anni passati e nel primo trimestre del 2016 l’incremento rispetto al corrispondente trimestre del 2015 è stato più contenuto (+0,7%) ed inferiore all’aumento del Pil complessivo. Un dato che merita attenzione”.

di Emiliano Raccagni