Addio Mipaaf, nasce il Ministero dell’Agroalimentare

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A cento anni dalla sua istituzione, il Mipaaf (questo solo l’ultimo degli acronimi usati per indicare il dicastero con responsabilità sull’agricoltura) cambia ancora nome. I tempi della modifica non sono ancora noti, ma certamente nel corso dell’anno dovremo abituarci a conoscere il nuovo Ministero dell’Agroalimentare. La nuova denominazione arriva per effetto della riforma Madia sulla Pubblica Amministrazione, i cui decreti legislativi sono quasi pronti e l’annuncio è arrivato direttamente dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, a margine della sottoscrizione, avvenuta a Roma nei giorni scorsi, del Protocollo d’Intesa tra Ministero e Banca Intesa che mette a disposizione 6 miliardi di credito in tre anni a favore del comparto, con l’obiettivo di generare investimenti per 10 miliardi di euro e settantamila nuovi posti di lavoro per il settore, il cui export ha totalizzato nel 2015 la cifra record di 36 miliardi di euro. Il plafond messo a disposizione da Intesa Sanpaolo è destinato prioritariamente alla realizzazione di investimenti per la valorizzazione e lo sviluppo delle filiere produttive italiane, anche con l’obiettivo di generare processi di internazionalizzazione, investimenti destinati a favorire il ricambio generazionale nel settore, la digitalizzazione e l’e-commerce e investimenti per la ricerca, la sperimentazione, l’innovazione tecnologica e la valorizzazione dei prodotti. Un primo ambito in cui si concentrerà l’attenzione saranno le imprese della filiera zootecnica e lattiero-casearia.

Sempre lo scorso anno, grazie alle operazioni effettuate dai quattro organismi di controllo coordinati dal Mipaaf (Icqrf, Carabinieri del Nac, Forestale e Guardia Costiera) sono stati effettuati oltre 107mila controlli e sequestri per un valore complessivo di 81 milioni di euro, con diecimila sanzioni e 1700 denunce all’autorità giudiziaria. Tra i principali strumenti messi in campo dal ministero, anche il Registro unico dei controlli, fondamentale per evitare la duplicazione delle verifiche nelle aziende e rendere più efficiente il lavoro degli organismi, che ha portato nel 2015 ad effettuare oltre 2.700 diffide.

Soddisfazione è stata espressa dall’attuale Ministro Maurizio Martina: “Sono contento –ha detto- che il 2016 possa essere fino in fondo l’anno di questa svolta utile. Il passaggio al ministero dell’agroalimentare italiano è il nostro approdo naturale per valorizzare al massimo la spinta di Expo, perché stiamo parlando di un lavoro strategico per il Paese“. Proprio il Ministro ha ribadito anche i contenuti del Piano contenuto nella Legge di Stabilità, che vede stanziati 21 milioni di euro per il finanziamento del più importante fondo di ricerca mai attivato sulle biotecnologie.  Il piano è articolato su tre anni e la regia dell’operazione sarà gestita dal Crea, il centro di ricerca specializzato del Ministero e punta su innovazione e sostenibilità. Secondo Martina, In pochi anni l’Italia può diventare leader sul fronte dell’agricoltura di precisione e delle biotecnologie sostenibili legate al nostro patrimonio colturale.

Rendere il Mipaaf un ‘ministero per l’Agroalimentare’ è una proposta che Confagricoltura aveva presentato nel 2013. Come avevamo sottolineato all’epoca, l’importante non sarà solo cambiare la denominazione, ma anche la fisionomia del dicastero, per farlo essere un ‘hub’, un centro nevralgico per lo sviluppo dell’agroalimentare“. Lo afferma il presidente di Confagricoltura Mario Guidi aggiungendo di apprezzare Il fatto che il governo consideri l’agroalimentare volano di sviluppo dell’economia del Paese, prevedendo risorse importanti per il credito e per gli investimenti ed adeguando a questa visuale. “Il ministero per l’Agroalimentare – conclude Guidi – dovrà fare da ‘snodo’, permettendo di condividere le conoscenze, favorire la collaborazione tra imprese, coordinare i progetti territoriali, allocare correttamente le risorse sui fattori strategici, tagliare drasticamente la burocrazia. Le Regioni dovranno essere al servizio di questa strategia. Non possiamo più permetterci politiche agroalimentari non coordinate“.

Emiliano Raccagni